Sulla riforma pensioni 2022 il governo prende tempo. Il problema, però, è che non ne rimane molto essendo che quota 100 scade fra tre mesi e il rischio scalone di 5 anni con le regole Fornero appare preoccupante.
Il tavolo negoziale fra governo e parti sociali, istituito al Ministero del Lavoro, è fermo e al momento il governo sembra più preoccupato di attuare la riforma del fisco e quella del lavoro piuttosto che quella delle pensioni.
Pensioni 2022, la riforma nella legge di bilancio
Fino all’ultimo, quindi, non si saprà nulla.
“Quota 100 è discorso che affronteremo durante la legge di bilancio. Oggi è prematuro discuterne così come di altri provvedimenti che vanno corretti“.
Quindi una riforma a sorpresa con novità dell’ultima ora? E’ indubbio che le difficoltà per trovare una soluzione per il dopo quota 100 vi siano. Alla base di tutto c’è l’indisponibilità a fare nuove riforme per le pensioni 2022 a debito. Quindi si tratterà di aggiustare il tiro sugli strumenti già esistenti consentendo il pensionamento anticipato solo con penalizzazione rispetto alle regole Fornero.
Per il dopo quota 100, tre ipotesi in cantiere
Nonostante i dubbi e le incertezze, qualcosa già sta prendendo forma per il dopo quota 100. Le ipotesi su cui si sta ragionando in concreto sarebbero tre e tutte improntate a un taglio delle pensioni.
La prima è Ape Sociale allargata. In sostanza si tratta di concedere le pensioni 2022 a una più vasta platea di lavoratori che rientrano nella categoria degli usuranti. La commissione governativa lavori gravosi ha appena terminato di stilare una nuova graduatoria composta da 92 mansioni usuranti.
Per costoro potrebbe aprirsi la strada del pensionamento anticipato a 63 anni o, in maniera flessibile, anche prima (o dopo), ma con tetto limite di 1.500 euro al mese.
La seconda ipotesi è quella di prorogare opzione donna che consente alle lavoratrici di lasciare il lavoro a 58 anni di età (a 59 per le autonome) con 35 anni di contributi. La pensione è calcolata esclusivamente col sistema contributivo.
La terza e ultima via sarebbe quella di introdurre un sistema di pensionamento flessibile, come proposto dall’Inps, con liquidazione della pensione in due tranches. La prima al compimento di 62 o 63 anni per la sola parte contributiva maturata, mentre la seconda al raggiungimento dei 67 anni per la parte retributiva restante.