Il divario di genere si fa sentire anche sulle pensioni, non solo sulle retribuzioni. Uomini e donne in Italia percepiscono importi diversi, nettamente superiori per i primi rispetto alle seconde. Ma non è una questione di discriminazione perché le leggi sono uguali per tutti.
Di fatto il gap fra pensioni maschili e femminili si sta allargando. Lo dice l’Inps che evidenzia come nei primi tre mesi del 2023 la forbice sugli importi delle rendite si è allargata ulteriormente rispetto all’anno scorso.
Pensioni donne inferiori di un terzo rispetto a quelle degli uomini
A contribuire all’allargamento del gap fra uomini e donne in pensione è anche la perequazione automatica. Da quest’anno gli assegni sono aumentati del 7,3% per effetto dell’impennata dell’inflazione. Ovviamente ciò ha determinato una rivalutazione maggiore per gli assegni più alti (quelli degli uomini) rispetto a quelli più bassi (quelli delle donne) contribuendo ad ampliare il gap.
Tuttavia, la regione di fondo della differenza di importo delle pensioni fra uomini e donne non è questa. Secondo i dati Inps, l’importo più basso è dovuto dal numero medio di anni di contribuzione che risulta più alto per gli uomini rispetto alle donne. Le pensioni anticipate, in particolare (si pensi a Opzione Donna), sono liquidate con importi mediamente più bassi rispetto a quelle ordinarie a parità di contribuzione.
E’ questa una delle cause principali del gender gap pensionistico. L’atro fattore che determina il divario, in senso negativo per le donne, è dato dal numero di pensioni di reversibilità riservato alle donne che è sei volte superiore a quelle che arrivano agli uomini per una questione di longevità. E notoriamente questi assegni sono ridotti.
Infine molte pensionate scontano le conseguenze di un lavoro part-time o precario, senza contare che circa un quinto di loro ha svolto la mansione di casalinga.
Donne penalizzate, ma meno di quanto si pensi
Detto questo, sembra che le donne siano più penalizzate degli uomini. Ma da una attenta analisi emerge che le donne percepiscono un maggior numero di pensioni pro-capite, in media 1,51 prestazioni a testa, a fronte dell’1,32 degli uomini. Rappresentano infatti il 58,6% dei titolari di 2 pensioni, il 68,6% dei titolari di 3 trattaemnti e il 70,5% dei percettori di 4 e più trattamenti.
Non solo, le donne sono tra i maggiori percettori di pensioni ai superstiti (87%) che normalmente sono di importo modesto perché ridotto generalmente del 40% rispetto alla pensione del coniuge titolare.