Previsti importanti aumenti delle pensioni pubbliche nel 2023. Incrementi dovuti all’impennata dell’inflazione che si tradurranno in rivalutazioni mai viste da 40 anni a questa parte con una spesa prevista per 10-12 miliardi.
La Bce ha appena rivisto al rialzo le stime sull’inflazione dell’area euro per quest’anno. +6,8% rispetto all’anno precedente e l’Italia non sarà certo da meno. Oltre 16 milioni di rendite dovranno essere rivalutate recependo i dati Istat sull’incremento dei prezzi al consumo.
Gli aumenti delle pensioni 2023
E’ ancora presto per fare i conti, ma si profila per lo Stato una manovra di bilancio pesante.
Un rincaro della spesa statale, quindi, che andrà a ricadere anche su altre prestazioni previdenziali che dovranno essere rivalutate e che allontana decisamente la possibilità di una riforma pensioni in deficit. Come anche già anticipato in precedenza dallo stesso premier Mario Draghi.
E c’è pure il rischio che non ci saranno soldi per tutti. In questo senso, i sindacati tornano a parlare di contributo di solidarietà per i pensionati d’oro e d’argento. Ma soprattutto di limitare la rivalutazione delle rendite sopra un certo importo per destinare risorse ai redditi più bassi.
Come si rivalutano le rendite
E’ auspicabile – sostengono i sindacati – che il governo, come indicato nel Def 2022, restituisca il giusto potere di acquisto ai pensionati. Dal prossimo anno, quindi, le rivalutazioni degli assegni dovranno essere pieni per tutti coloro che dispongono di redditi bassi. A oggi, in base alla legge vigente, la rivalutazione delle pensioni segue il seguente schema:
- 1,90% fino a 2.6062,32 euro al mese;
- 1,73% da 20.60,33 e 2.577,90 euro al mese;
- 1,47% da 2.577,91 euro al mese in su.
Dal prossimo anno questa scaletta potrebbe cambiare orientando il legislatore a tenere maggiormente conto delle pensioni appartenenti alla prima fascia, cioè quella fino a 2.600 euro lordi al mese.