Prevale lo scetticismo per la riforma pensioni 2023. Siamo a giugno e ancora nulla è stato fatto di concreto. Nemmeno il Def 2002 contiene alcun riferimento al problema tanto urgente quanto importante.
Il governo sembra voler tirare dritto sul graduale ritorno alla rigidità delle regole Fornero. Dal prossimo anno sparirà anche quota 102 e forse arriverà quota 103, come era nei piani originari per evitare lo scalone coi requisiti ordinari.
Drammatico scenario economico e demografico
Volendo essere lungimiranti, il problema più grosso che incombe sulle pensioni è quello demografico.
In questo contesto, secondo gli esperti, nemmeno le regole Fornero saranno in grado di tenere in equilibrio la spesa pubblica per le pensioni. Altro che pensione a 62 anni o Quota 41. Dal 2023 serviranno 4 anni in più per andare in pensione. Il sistema per continuare a reggere dovrebbe mandare tutti in pensione oltre i 70 anni. Come ha detto Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat:
“a tassi di natalità che vanno poco oltre il 5 per mille si contrappongono tassi di mortalità ben al di sopra del 10 per mille”.
In questo contesto negativo che dura ormai da anni, inutile farsi illusioni: la spesa per le pensioni non può reggere. Soprattutto in un Paese che spende il 17% del Pil per la previdenza e che manda di fatto i lavoratori in pensione prima rispetto al resto d’Europa.
La riforma pensioni 2023 e ritorno della Fornero
Con l’avvicinarsi delle elezioni i buoni propositi di riforma delle pensioni rischiano quindi di tramutarsi in promesse. I partiti cavalcheranno con ogni probabilità il tema per portare dalla propria parte gli elettori. E così il rischio è che si arrivi a fine anno senza aver cambiato nulla.
Poco male. E’ andata così anche nel 2021 quando la scadenza di quota 100 sembrava fosse la fine del mondo. Lo stesso potrebbe quindi avvenire con la scadenza di quota 102. O anche con la proroga della stessa, magari diventando quota 103.
La prossima legge di bilancio dovrà anche stanziare le risorse per rivalutare 16 milioni di pensioni in Italia per una spesa che andrà oltre i 10 miliardi di euro. E questa è una priorità non certo rinviabile. Sorrideranno i pensionati, ma pagheranno i lavoratori.