Pensioni 2023: sorride chi compie 64 anni?

Più possibilità di andare in pensione per chi compie 64 anni con o senza riforma. Ecco le opzioni valide e che potrebbero essere considerate dal governo.
2 anni fa
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La strada per andare in pensione dribblando i requisiti Fornero sembra essere quella dei 64 anni. Tutte le ipotesi di riforma convergono su questa soglia limite di età.

Stabilire poi come e con quali requisiti contributivi si matura il diritto sarà argomento di trattazione fra governo e parti sociali. Tenuto conto delle regole che già esistono per uscire a 64 anni.

Quota 102

Fino al 31 dicembre si può andare in pensione con quota 102 che prevede appunto l’uscita a 64 anni con 38 di contributi.

L’opzione ha sostituito quota 100, ma vale solo per 12 mesi e non è escluso che il governo possa proporne la replica per il 2023.

Una soluzione che troverebbe facile accoglimento solo qualora non si affrontasse il tema della riforma pensioni, come qualcuno teme. Del resto il Def 2022 non contiene cenno a tale riforma e pare che sul tema si navighi ancora a vista in attesa di chissà quale evento.

Resta il fatto che a 64 anni si può andare in pensione con il sistema di liquidazione misto e che non vi è alcuna penalizzazione nell’assegno. Anche se sono poche migliaia i lavoratori che ne possono beneficiare.

In pensione anticipata a 64 anni

Altra ipotesi allo studio sarebbe quella di concedere la pensione a 64 anni a tutti, ma col ricalcolo contributivo. Opzione che non piace molto ai sindacati, ma che sarebbe finanziariamente sostenibile.

In realtà la pensione (anticipata) a 64 anni già esiste per i lavoratori contributivi puri, cioè quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, ma è vincolata a un limite. Quello legato al minimo di pensione pari a 2,8 l’importo dell’assegno sociale. Cioè 1.310 euro al mese.

Basterebbe quindi rimuovere questo paletto per ritoccare i requisiti della Fornero, senza stravolgere l’impianto pensionistico italiano e mandare tutti in pensione a 64 anni. Opzione che però i sindacati non sembrano disposti ad accettare, anche se l’età è in linea con quella degli altri Paesi Ue.

Questa seconda opzione, però, sembra penalizzante e inattuabile perché ridurrebbe di molto l’assegno. E più sono gli anni di lavoro ante 1996, maggiore sarebbe la penalizzazione rispetto a una liquidazione col sistema di calcolo misto.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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