Una nuova via sembra essere stata intrapresa dal governo che intende correggere il sistema previdenziale dotandolo di nuove misure. Parliamo della previdenza complementare ma anche del TFR che dovrebbe consentire ai lavoratori di rimpinguare i versamenti nei fondi pensione. Anzi, pare stia per essere valutato l’obbligo del Trattamento di Fine Rapporto nei fondi pensione. Una cosa che sicuramente sta destabilizzando alcuni lavoratori che sul TFR da prendere a fine rapporto di lavoro contano per spese programmate da tempo.
“Buonasera, sono un vostro lettore assiduo e volevo da voi un parere sul TFR obbligatorio nei fondi pensione.
Pensioni 2025 con TFR destinato alla previdenza complementare, ecco come funzionerebbe
Il rischio che il TFR, anche se solo in parte, vada a finire alla previdenza integrativa anziché restare in azienda come da sempre si fa non è una cosa lontana dalla realtà. Al momento non c’è nulla di certo naturalmente. perché si tratta di una proposta (una delle tante, ndr) che compaiono in queste frenetiche settimane in cui il governo sta apparecchiando la legge di Bilancio ed il canonico pacchetto previdenziale di questa manovra.
E sicuramente di proposte adesso ne verranno tante altre. Bisognerà vedere quale di queste nuove misure e di questi nuovi provvedimenti alla fine diventeranno parte integrante della manovra di fine anno per entrare in vigore dall’anno venturo.
Cosa stanno studiando al governo per il TFR nei fondi pensione
Il governo sta valutando se inserire o meno nella riforma del sistema pensioni il rendere obbligatorio (ma solo per le nuove assunzioni al momento) destinare il 25% del proprio TFR ad un fondo pensione. Per i vecchi assunti, come il nostro lettore, resterebbe un’opzione a facoltà del lavoratore. Anche se c’è il pericolo che inseriscano una specie di clausola del silenzio assenso. Il ché significa che se il lavoratore non manifesta ufficialmente il rifiuto alla nuova versione del TFR, il 25% di quest’ultimo andrebbe comunque al fondo pensione complementare. La novità nasce per permettere ai lavoratori di anticipare la pensione con strumenti alternativi e di previdenza complementare.
Più o meno quello che oggi accade con la RITA, ovvero con la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Che permette di andare in pensione 5 o 10 anni prima in base ai periodi di inoccupazione, semplicemente ricorrendo ad un anticipo di ciò che è stato versato alla previdenza integrativa. Ma nasce anche per potenziare la previdenza complementare ancora poco usata. Anche per dare ai lavoratori la possibilità di avere trattamenti più ricchi in futuro. Una cosa che da solo l’INPS con la pensione classica sicuramente non riuscirà a garantire.
Ecco cosa cambia per le pensioni con TFR nei fondi pensionistici complementari
Se la novità proposta sarà attuata, addio ad una parte del TFR per gli scopi classici che questo accantonamento mensile di una parte dello stipendio ha da sempre avuto.
Soprattutto grazie allo strumento dell’anticipo del Trattamento di Fine Rapporto se il dipendente aveva delle urgenze documentate da sostenere. Se la novità diventerà norma dello Stato, in busta paga i dipendenti potrebbero trovarsi un buon 25% del loro stipendio non più fermo in attesa della sua liquidazione, ma depositato in un fondo pensione da usare nel momento del pensionamento, per arrotondare la scarna pensione che si prevede arriverà dalla previdenza obbligatoria e quindi dall’INPS. C’è da dire che c’è già chi, come il Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, ha già parlato di una presunta incostituzionalità di un provvedimento di questo genere. Perché viene tolta la facoltà del lavoratore di destinare il TFR su base volontaria alle cose che desidera fare.