Pensioni a 62 anni nel 2025, paura dei tagli sugli assegni, ecco la verità di quota 103

Tutti i pro e i contro delle pensioni a 62 anni nel 2025, ecco quando la paura dei tagli sulla pensione di quota 103 non è lecita e quando invece lo è.
1 mese fa
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Pensioni a 62 anni nel 2025, paura dei tagli sugli assegni, ecco la verità di quota 103
Foto © Investireoggi

Dai numeri statistici dei lavoratori che nell’ultimo periodo sono andati a riposo con la pensione di Quota 103, cioè con la misura per quotisti attualmente in vigore, è emerso il flop della misura. Flop significa che, rispetto alle misure che l’hanno preceduta, cioè rispetto a Quota 102 o ancora di più a Quota 100, i lavoratori che scelgono la Quota 103 per uscire dal lavoro sono davvero pochi.

In effetti, è stato Pasquale Tridico, Presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), a confermare questo flop.

Il numero uno dell’INPS, in audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha snocciolato i dati di un’analisi dell’Istituto. Ed è emerso che, nonostante si pensasse che la misura arrivasse a interessare una platea di potenziali beneficiari di circa 50.000 lavoratori, sono stati appena 1.600 quelli che hanno effettivamente presentato domanda.

Perché questo flop? Le motivazioni possono essere diverse. Ma il sospetto è che tutto nasca dalla considerazione che la Quota 103 è penalizzante. Che sia vero o meno, però, è tutto da verificare.

«Buongiorno, mi chiamo Pietro e sono un lavoratore che ha appena completato 41 anni di contributi. Ho già 64 anni di età e dovrei, alle condizioni attuali, avere diritto alla Quota 103. Quindi potrei andare in pensione subito. Ma ho un timore che mi impedisca di presentare la domanda di pensione. Ho paura di subire tagli di assegno di oltre il 30% di cui spesso sento parlare. Ma davvero è così penalizzante la Quota 103, al punto che mi tolgono circa un terzo della pensione che ho maturato dopo 41 anni di carriera?».

Pensioni a 62 anni nel 2025, paura dei tagli sugli assegni, ecco la verità di Quota 103

Il flop della Quota 103, confermato dai dati ufficiali dell’INPS presentati in Parlamento, come detto in precedenza, potrebbe nascere da diversi fattori. Visto che sono necessari 41 anni di contributi, che sono oggettivamente tanti, probabilmente molti lavoratori con tale età contributiva vedono con favore il proseguimento dell’attività.

Evitando quindi uscite anticipate e mirando alle pensioni anticipate ordinarie.

Che di fatto distano, per chi è già arrivato a 41 anni di contributi, 22 mesi per gli uomini e 10 mesi per le donne. Perché per le pensioni anticipate ordinarie servono 42 anni e 10 mesi di versamenti per gli uomini. E 41 anni e 10 mesi per le donne.

Anzi, se consideriamo che per le pensioni anticipate la finestra per la decorrenza del trattamento è di tre mesi, mentre per la Quota 103 è di 7 mesi nel settore privato e 9 mesi nel settore pubblico, l’anticipo è inferiore ai 10 mesi per le donne o ai 22 mesi per gli uomini.

Dal punto di vista dell’anticipo non è tanto conveniente come sembra la pensione di Quota 103

Una lavoratrice che esce con 41 anni di contributi e con la Quota 103 al compimento dei 62 anni di età, se lavora nel privato riceverà il primo rateo quando arriverà a 62 anni e 7 mesi. Continuando a lavorare per 10 mesi, arrivando a maturare i 41 anni e 10 mesi per la pensione anticipata normale, riceverà il primo rateo al compimento dei 63 anni e un mese.

Sono solo 6 mesi di attesa in più che, visto il rischio di penalizzazione delle pensioni di Quota 103, spingono molti a lasciare perdere.

Per gli uomini, essendo più distante di 12 mesi la pensione anticipata ordinaria, il vantaggio di Quota 103 passa da 22 mesi a 16 mesi. Anche in questo caso, troppo poco per spingere i più a scegliere una via potenzialmente dannosa come la Quota 103.

Le alternative alla pensione di Quota 103 non mancano

Va considerato poi che la Quota 103 ha una misura alternativa, anche se limitata solo a determinate categorie, che si chiama Quota 41 per i precoci. Infatti, entrambe le misure hanno 41 anni come carriera contributiva minima da raggiungere.

Per la Quota 41, bisogna però avere un anno di contributi già prima dei 19 anni di età, in modo tale da poter vantare il fondamentale status di precoce.

E poi bisogna essere alternativamente un caregiver, un invalido, un disoccupato o un addetto ai lavori gravosi.

Chi ha la possibilità di scegliere tra Quota 103 e Quota 41, se rispetta i requisiti anche per questa seconda via di uscita, il più delle volte sceglie proprio quest’ultima. Anche perché pure la Quota 41 ha solo 3 mesi di finestra, mentre la Quota 103 tra 7 e 9 mesi.

Ecco le limitazioni della misura e perché impauriscono chi deve andare a riposo

I tagli che impauriscono chi pensa alla pensione di Quota 103 e che fanno propendere verso la Quota 41 per i precoci o verso le pensioni anticipate ordinarie sono davvero tanti. Partiamo dal fatto che, per tutta la durata dell’anticipo ottenuto dalla Quota 103, ovvero a partire dai 62 anni di età, la prestazione non può superare 4 volte il trattamento minimo INPS. Sarebbero 2.400 euro come soglia massima di pensione fruibile. Un taglio che dura fino ai 67 anni di età.

Poi bisogna considerare che la pensione di Quota 103 è una pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo. Mentre le altre misure che si possono scegliere sono a calcolo misto, notoriamente più favorevole. Infine, chi esce dal lavoro con la Quota 103 non può cumulare i redditi da lavoro con i redditi della pensione.

Infatti, come sempre, le misure per quotisti impongono questo divieto di cumulo che ha nel lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito per anno solare l’unica eccezione che non fa perdere la pensione a chi svolge un lavoro. Altrimenti, o si resta con quello che si prende di Quota 103 o si decade dal diritto alla pensione.

Niente paura, non tutti subiscono i tagli di cui si parla con la pensione di Quota 103

Le limitazioni della Quota 103 sono elevate, ma non è detto che siano per tutti i contribuenti in uguale misura. Naturalmente parliamo di calcolo della pensione. Perché chi ha intenzione ancora di lavorare, è evidente che, per via del divieto di cumulo, dovrebbe lasciare stare l’uscita con questa misura.

La Quota 103, se si guarda al limite dei 2.400 euro al mese di pensione con il blocco a 4 volte il trattamento minimo, penalizza solo chi effettivamente ha diritto a un trattamento maggiore. Chi resta sotto questa soglia non subisce alcun taglio. Diverso è il calcolo contributivo, che effettivamente per forza di cose penalizza la stragrande maggioranza dei lavoratori. A meno che non siano lavoratori che, sul finire della carriera, hanno retribuzioni molto basse. Dovute, per esempio, al passaggio al part-time o a periodi di disoccupazione indennizzata.

Il sistema retributivo, infatti, guarda alle retribuzioni degli ultimi anni di carriera. E chi ha un calo retributivo da questo punto di vista, non godrebbe dei netti vantaggi che il sistema retributivo ha rispetto al sistema contributivo.

Il calcolo contributivo non penalizza tutti allo stesso modo

Ma va detto anche che anticipare di 6 o 16 mesi la pensione, rispettivamente per donne o uomini, permette di prendere 6 o 16 mesi di pensione in più. Per esempio, un uomo che decide di dire addio alla Quota 103 per paura di penalizzazioni, se ha diritto a una pensione da 2.000 euro al mese, rinuncia a 34.000 euro comprensivi della tredicesima.

Poi c’è da fare un discorso sul calcolo contributivo.

Infatti, non tutti i lavoratori vengono penalizzati in egual modo dal calcolo contributivo. Abbiamo già detto di chi, sul finire della carriera, ha retribuzioni basse e su cui il passaggio al contributivo non è tremendo come si pensa.

Va detto anche che i veri penalizzati sono quelli che hanno già completato almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995. In questo caso si tratta di lavoratori che avrebbero diritto al calcolo retributivo fino ai periodi di lavoro svolti al 31 dicembre 2011. Sono loro che effettivamente devono rinunciare a periodi davvero lunghi di contribuzione che, con il calcolo retributivo, sarebbero tanto di più.

Chi ha meno di 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995 ha diritto al calcolo retributivo solo per i periodi fino a tale data. In sostanza, per questi il calcolo contributivo partirebbe comunque dal primo gennaio 1996, anche senza la Quota 103 e con qualsiasi altra misura di pensionamento.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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