Sembra che dal 2025 le pensioni degli italiani saranno spostate a 70 anni. O almeno così si apprende da una specie di allarme collettivo che viene dato da moltissimi media e da tanti siti.
Il fatto che ci sia questa possibilità nasce da una proposta di innalzare la facoltà di restare al lavoro dei dipendenti statali, oltre i limiti odierni che fissano le uscite dal mondo del lavoro.
Partendo dal fatto che siamo ancora nel campo delle proposte e che la novità nascerebbe sotto una luce diversa da quella che molti presentano.
Pensioni a 70 anni? No grazie, ecco chi potrà uscire prima
Nel comparto Sanità durante il periodo della pandemia, fu messa in luce una grandissima problematica, cioè la carenza di personale medico. Un problema serio, che portà per esempio a dire ok ai volontari già pensionati che per dare una mano tornavano in servizio.
La carenza di organico nella Pubblica Amministrazione però non riguarda solo il comparto Sanità. Perché si conta che entro il 2030 circa un milione di dipendenti usciranno fuori dagli uffici pubblici. Sicuramente per nuove pensioni, dal momento che l’età media dei dipendenti della Pubblica Amministrazione è sempre molto alta. Ma anche per volontà dei lavoratori, molti dei quali potrebbero passare dal settore pubblico a quello privato.
E allora, se da un lato si predispongono piani di nuove assunzioni, dall’altro si pensa a posticipare l’uscita dei vecchi dipendenti, ma su base volontaria. Perché è vero che si discute della possibilità di introdurre, con la nuova legge di Bilancio, l’innalzamento a 70 anni dell’età pensionabile per i dipendenti pubblici.
Pensione a 70 anni, ma è facoltà non obbligo
Una facoltà quindi, che riguarda i dipendenti pubblici e non la generalità dei lavoratori come qualcuno erroneamente adesso crede. Perché nel 2025 sicuramente si potrà andare in pensione a 67 anni di età. La pensione di vecchiaia infatti non sembra a rischio dal punto di vista dell’età pensionabile. Però c’è lo spettro di una proposta che potrebbe cambiare il requisito contributivo. Perché dai 20 anni si potrebbe passare ai 25 anni.
Anche se pure in questo caso tutto è ancora ipotetico, anche perché la proposta che proviene dal CNEL parla dell’ingresso di una misura flessibile nel sistema, che consentirebbe di andare in pensione dai 64 ai 72 anni di età a libera scelta e con almeno 25 anni di contributi. Con tagli lineari per anno di anticipo, forse con premi per chi rimanda la pensione ma in ogni caso solo a fronte di un assegno sopra 1,5 volte l’assegno sociale. Anche in questo caso collegare la misura proposta dal CNEL ad una cancellazione totale della pensione di vecchiaia non è una cosa certa.
In pensione prima anche nel 2024, nessuna paura
Anche le pensioni anticipate dovrebbero restare con i medesimi requisiti del 2024. Pertanto, tutti coloro che arrivano a 42,10 anni di contributi versati potranno andare in pensione senza alcun limite di età (e per le donne resterà l’uscita con 41,10 anni di versamenti). Magari andrà in porto la novità sulle finestre di uscita che da 3 mesi diventeranno 7 mesi (la decorrenza del trattamento, cioè il primo rateo di pensione incassato).
Ma dal punto di vista dei requisiti tutto resterà come oggi, almeno per il momento. A 64 anni con 20 anni di contributi anche coloro che puntano alla pensione anticipata contributiva troveranno il loro canale di uscita nel 2025, a prescindere dalla pensione a 70 anni di cui si parlava prima. Basterà come al solito che il primo contributo versato sia successivo al 31 dicembre 1995, perché la misura riguarda i contributivi puri. E servirà come oggi, raggiungere un trattamento pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale. Limite scontato per le donne con un figlio e per le donne con più figli avuti (2,8 volte l’assegno sociale per le prime e 26 volte l’assegno sociale per le seconde).