Quella che si è conclusa venerdì è stata una settimana a dir poco eclatante sui mercati, dove si è registrato un terremoto finanziario dalle ricadute future ancora non perfettamente prevedibili, ma che certamente non saranno positive. La settimana era iniziata con il crollo della sterlina ai minimi storici contro il dollaro. A causa di un cosiddetto “flash crash”, il tasso di cambio sprofondava all’istante da 1,085 a 1,035. Due giorni dopo, la Banca d’Inghilterra è costretta a scendere in campo per difendere i Gilt, i titoli di stato di Sua Maestà, da un collasso preoccupante.
Pensioni a rischio per i lavoratori UK
Cos’era successo? I rendimenti UK erano esplosi. Il decennale stava al 3,15% a fine seduta del 19 settembre, mentre mercoledì 28 saliva al 4,60%. Nel frattempo, il crollo della sterlina sopra menzionato. Gli operatori della City hanno temuto, ad un certo punto, che nel giro di poche ore i Gilt sprofondassero al punto da mandare i rendimenti in orbita al 7-8%. E, soprattutto, la Banca d’Inghilterra ha dovuto soccorrere la City per via delle pensioni a rischio.
Il terremoto finanziario aveva fatto scattare già il giorno prima “margin call” per circa 100 milioni di sterline a carico di ciascun fondo pensione. Di cosa parliamo? Quando un investitore punta su un titolo, di solito non impiega l’intera liquidità richiesta per acquistarlo, bensì solo una parte. Il resto lo mette il broker, sebbene l’investitore rimanga esposto per l’intera cifra. Qualora i prezzi andassero nella direzione opposta alla scommessa, superata la soglia di perdita massima tollerabile, la stanza di compensazione o “clearing house” invita l’investitore a rimpinguare il margine depositato.
E’ quanto accaduto a Londra nei giorni scorsi. I prezzi dei Gilt erano caduti così tanto insieme alla sterlina, che molti dei fondi pensione erano stati oggetto di “margin call”. Al fine di trovare la liquidità richiesta, avevano dovuto disinvestire in azioni e obbligazioni, tra cui Gilt stessi. In questo modo, il terremoto finanziario stava auto-alimentando una spirale negativa e che metteva il mercato delle pensioni a rischio. Esso vale nel Regno Unito tra il 120% e il 125% del PIL, qualcosa come circa 3.000 miliardi di sterline. A titolo di confronto, in Italia viaggia poco sopra il 10% del PIL, comunque più di Francia e Germania.
Dal terremoto finanziario allo stop alla stretta sui tassi
Perché proprio i fondi pensione? Essi sono tipicamente investitori di lungo periodo. Per questo, sono soliti comprare molti bond governativi sul tratto a 30 anni. Negli anni passati, le scadenze lunghe offrivano rendimenti bassi e si acquistavano a prezzi alti. Nel giro di pochi mesi, con il rialzo dei tassi i rendimenti si sono impennati e i prezzi sono crollati. I fondi pensione si ritrovano così in portafoglio asset svalutati. Le perdite di questi giorni hanno, pertanto, colpito particolarmente questo segmento del mercato.
Quanto accaduto a Londra vale come monito al resto dei mercati. Sebbene le pensioni di italiani, francesi e tedeschi risultino molto meno esposte alle turbolenze finanziarie, il segnale arrivato dalla Banca d’Inghilterra sembra chiaro: non sarà possibile continuare ad alzare i tassi senza provocare in gigantesco terremoto finanziario con esiti disastrosi per l’economia reale. Per questo dovremmo accontentarsi di un compromesso al ribasso: un po’ di alta inflazione e un po’ di crisi. Ci aspettano tempi difficili. Il mese di settembre del 2022 rischia di passare alla storia come quello del 2008, quando divampò la crisi finanziaria mondiale con il crac di Lehman Brothers.