Arrivare alla pensione nonostante manchino alcuni mesi o anni di contributi è possibile? La risposta è affermativa. Il sistema previdenziale offre diverse soluzioni. In alcuni casi, queste soluzioni possono essere considerate ovvie, come ad esempio continuare a lavorare. Se manca un anno ai 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, allora basta proseguire con il lavoro per altri 12 mesi per raggiungere l’obiettivo.
Un’altra soluzione ovvia è verificare se ci siano periodi di contributi versati in altre casse previdenziali rispetto a quella a cui si richiede la pensione, unificando tali periodi gratuitamente o a pagamento a seconda dello strumento utilizzato.
In altri casi, tuttavia, ci sono soluzioni meno ovvie. Un nostro lettore, ad esempio, ha una possibilità che molti altri potrebbero avere, ma non sapere di poter sfruttare. Vediamo di cosa si tratta.
La domanda giunta in redazione
“Buongiorno, sono Elvira, una donna che nel 2025 compirà 67 anni. Ho 19 anni di contributi versati e non lavoro più da anni. Ho lavorato per oltre 20 anni in un salone di bellezza e fisioterapia, ma secondo il calcolo effettuato da un consulente previdenziale risulto con 19 anni di contributi.
Purtroppo, a 55 anni sono stata riconosciuta invalida all’80% e, dopo due anni di fermo, ho ripreso a lavorare prima part-time a causa delle mie condizioni di salute e poi, verso la fine del mio percorso lavorativo, sono tornata a tempo pieno nello stesso salone. Ho dovuto lasciare il lavoro perché il mio datore di lavoro è entrato in crisi economica, tagliando il personale, e io sono stata la prima a essere licenziata.
Ho sentito parlare della possibilità di sfruttare una maggiorazione contributiva per chi ha lavorato da invalido. Vorrei capire come funziona per verificare se, grazie a questa misura, posso raggiungere i 20 anni necessari per la pensione.
Pensioni a sorpresa: a volte bastano 19 anni di contributi, ecco quando è possibile andare comunque in quiescenza
Non tutti lo sanno, e quindi non tutti sfruttano questa opportunità, ma la normativa previdenziale offre a chi ha lavorato dopo essere stato riconosciuto invalido la possibilità di recuperare contributi. Per esempio, la nostra lettrice potrebbe avere questa chance, dato che ha accumulato 19 anni di contributi.
Le manca esattamente un anno per ottenere la pensione di vecchiaia a 67 anni, nel 2025. Questo anno di contributi, come accennato, può essere recuperato in diversi modi. Tuttavia, solo uno permette di affermare che il diritto alla pensione è già maturato, senza bisogno di continuare a lavorare, riscattare contributi o fare altre operazioni che potrebbero risultare impossibili per la lettrice.
Trovare un nuovo lavoro non è facile, soprattutto a 66 anni. Il riscatto della laurea potrebbe essere una soluzione, ma se una persona non è laureata? E il cumulo con altri versamenti in diverse gestioni previdenziali è previsto, ma se non ci sono contributi altrove, cosa si fa?
Per gli invalidi esiste una soluzione chiamata maggiorazione contributiva. In pratica, su alcuni periodi di contributi già versati, l’INPS può applicare un valore aggiuntivo, utile per maturare il diritto alla pensione, ma che non incide sull’importo della pensione stessa.
La maggiorazione contributiva per i lavoratori invalidi: ecco come funziona
La maggiorazione contributiva per invalidi è uno strumento a disposizione di chi ha continuato a lavorare dopo essere stato riconosciuto disabile. Tuttavia, può essere utilizzata solo al momento della richiesta di pensione. Se, ad esempio, un lavoratore ha 19 anni di contributi, può indicare nella domanda di pensione telematica di voler usufruire della maggiorazione.
In questo caso, l’INPS, dopo aver verificato il diritto, può conteggiare 1,2 volte i periodi di contribuzione effettuati a partire dalla data in cui la Commissione Medica Invalidi Civili delle ASL ha certificato la percentuale di invalidità.
Questo avviene perché si recuperano due mesi in più per ogni anno di lavoro svolto come disabile. Arrivando quindi ai 20 anni necessari per ottenere la pensione. Tuttavia, la pensione sarà comunque calcolata sui 19 anni di contributi effettivamente versati, e non su 20. La maggiorazione, infatti, non serve ad aumentare l’importo della pensione, ma esclusivamente a maturare il diritto alla prestazione.