Ci sono delle scelte che, se sbagliate, condizionano un essere umano per tutta la vita. Scelte che possono riguardare la vita di tutti i giorni e che non fanno eccezione nemmeno quando si parla di pensioni anticipate. Infatti, anche sbagliare l’uscita dal lavoro può risultare davvero penalizzante. Anche le pensioni hanno le loro porte scorrevoli, le loro “Sliding doors”.
Cosa succede se, anziché uscire subito da una porta, si esce più tardi? I bivi della vita sono tanti, e anche le pensioni non fanno eccezione.
Le porte scorrevoli, il destino e gli errori individuali o per consigli sbagliati
Eppure, ci sono delle misure ben conosciute e facilmente sfruttabili. Nonostante ciò, chi per disattenzione o a causa di un cattivo consiglio commette un errore, può trovarsi in una situazione complicata. Un nostro lettore è un esempio tipico di questa situazione.
“Buonasera, mi chiamo Romeo e vorrei raccontare una mia esperienza personale, chiedendo se posso fare qualcosa per recuperare o se ormai è troppo tardi. Sono andato in pensione anticipata a marzo 2024 con la quota 103. Appena compiuti i 41 anni di contributi, a 65 anni e 8 mesi, ho deciso di cogliere l’occasione e andare in pensione. Infatti, proprio a febbraio avevo completato la carriera utile per la quota 103, accettando che la mia pensione fosse calcolata con il contributivo, il che ha comportato una perdita che il mio Patronato mi ha indicato essere di 250 euro al mese. Non avevo altre alternative, poiché non rientravo né nell’Ape sociale né nella quota 41 per i lavoratori precoci, categorie alle quali non appartengo.
Ora però, documentandomi e leggendo alcuni vostri articoli, ho scoperto che avrei potuto accedere alla pensione con la quota 100.
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Abbiamo parlato di “Sliding doors” e di bivi, e il nostro lettore si è trovato esattamente in una di queste situazioni. Purtroppo, ormai è troppo tardi per recuperare, poiché non si può chiedere all’INPS di cambiare la misura di pensionamento scelta. Non si può rinunciare a una misura per accedere a un’altra, anche se più vantaggiosa.
Il fatto che il nostro lettore affermi di aver ricevuto pessimi consigli merita di essere approfondito.
Va ricordato, infatti, che sia la vecchia quota 100, che richiedeva 38 anni di contributi, sia la quota 103 con 41 anni di versamenti, così come altre misure come la quota 41 per i precoci o la pensione anticipata ordinaria, prevedono un ulteriore requisito: la contribuzione effettiva.
Non abbiamo la certezza, ma c’è un dubbio riguardo all’operato del Patronato del nostro lettore. Non è detto che il Patronato abbia commesso un errore. Potrebbe essere che nel 2021, pur avendo 38 anni di contributi e 62 anni di età utili per la quota 100, il nostro lettore non avesse la giusta contribuzione effettiva.
Attenzione ai 35 anni effettivi: a volte il bivio non esiste
Per la quota 100, così come per le altre misure citate, 35 anni di contributi devono essere maturati attraverso lavoro effettivo. In altre parole, non si contano i contributi figurativi derivanti da disoccupazione o malattia INPS.
Se il nostro lettore sapeva di aver raggiunto i 35 anni effettivi già nel 2021, allora il Patronato ha probabilmente sbagliato a non suggerire la quota 100.
Se invece ha completato i 35 anni effettivi grazie ai nuovi tre anni di lavoro fino al 2024, allora l’unica soluzione possibile per il suo pensionamento era e rimaneva la quota 103, pur se penalizzata negli importi. In questo caso, il lettore non era di fronte a un bivio: semplicemente, non poteva scegliere.
Ecco come scegliere la pensione anticipata giusta
Scegliere il momento giusto per andare in pensione è fondamentale, e il confronto tra quota 100 e quota 103 lo dimostra. Chi oggi ha 65 anni e 41 anni di contributi, nel 2021 aveva 62 anni e 38 anni di contributi. Se oggi ha maturato il diritto alla quota 103, significa che nel 2021 aveva maturato il diritto alla quota 100, misura che è cessata a fine 2021.
Nel 2022, la quota 100 è stata sostituita dalla quota 102. E, successivamente, nel 2023, dalla quota 103. Quest’ultima è stata modificata nel 2024, non nei requisiti di accesso (62 anni di età e 41 di contributi minimi), ma nel calcolo della pensione. Fino al 2023, l’importo poteva arrivare fino a cinque volte il trattamento minimo INPS. Mentre nel 2024 il massimo è stato ridotto a quattro volte. Inoltre, se fino al 2023 la pensione si calcolava con il sistema misto, nel 2024 è passata completamente al sistema contributivo.
Le regole di calcolo delle pensioni: da dove nascono le penalizzazioni
I più penalizzati da una pensione contributiva sono coloro che hanno maturato almeno 18 anni di contributi prima del 1996. In questi casi, il taglio della pensione rispetto a chi, a parità di contributi, ha diritto al calcolo misto può superare il 30%. È probabile che il nostro lettore appartenga a questa categoria. Se il suo taglio dell’assegno è dovuto al calcolo contributivo, dovrà accettarlo per il resto della vita. Tuttavia, se la riduzione è dovuta anche al limite massimo dell’importo (non più di quattro volte il trattamento minimo), a 67 anni, qualora abbia diritto a una pensione più alta, l’INPS procederà a un ricalcolo d’ufficio.