Andare in pensione è una delle cose che i lavoratori trovano più difficile oggi. Sono le regole de sistema, inasprite dall’ultima riforma delle pensioni degna di questo nome, cioè dalla famigerata Legge Fornero. Per questo può suonare strano che ci siano lavoratori, con una certa età, che per contro hanno non una ma due possibilità di accedere alla pensione. In parole povere, possono sfruttare due misure di pensionamento anticipato. Pescando tra le misure in deroga uscite negli ultimi anni e ancora attive.
“Gentile redazione, sono un lavoratore del settore smaltimento rifiuti che il 31 ottobre ha completato esattamente 38 anni di contributi versati. Nello stesso mese, precisamente il 24 ottobre, ho compiuto 64 anni di età. Come è evidente, sono in perfetta linea con i requisiti della quota 102. Ma non voglio andare subito in pensione. Vorrei finire quanto meno l’anno, anche se potrei facilmente continuare a lavorare almeno fino all’estate prossima se non oltre. Mia moglie ha paura che rimandando perdo il diritto alla pensione e dovrò aspettare i 67 anni per poter lasciare il lavoro. Anzi, mia moglie mi dice che se le cose vanno male è capace che il Governo allunghi l’età finendo con il togliermi pure la possibilità di pensione a 67 anni. Mi chiedo se le preoccupazioni di mia moglie sono fondate e se è possibile per me prendere la pensione e continuare comunque a lavorare nell’azienda per cui lavoro da ormai 20 anni di fila.”
Non una ma due pensioni anticipate per alcuni lavoratori
La verità è che nonostante ciò che si dice, qualche lavoratore che ha due vie per andare in pensione, entrambe anticipate, esiste. Ed il nostro lettore ne è l’esempio pratico. C’è chi già quest’anno, per requisiti raggiunti, ha potuto scegliere di lasciare il lavoro sia con la quota 102 che con l’Ape sociale. Si tratta di quanti hanno completato quest’anno sia i 64 anni di età che i 38 anni di contributi.
Le misure e la cristallizzazione del diritto alla pensione anticipata
Inoltre, sempre nella libera scelta del lavoratore, il diritto ad entrambe le misure si cristallizza e cioè può essere usato anche negli anni a venire. Nessun dubbio su questo. Avendo maturato i requisiti per l’una o per l’altra misura il nostro lettore non corre alcun pericolo. Anche se la quota 102 sparirà, come è probabile che sia. Ed anche se l’Ape sociale non verrà prorogata oltre la sua scadenza del 31 dicembre 2022, anche se ormai si da per certa l’estensione al 2023 nella prossima legge di Bilancio. Quindi, potrebbe restare tranquillamente al lavoro, posticipando l’uscita quando lo riterrà opportuno. In altri termini si tratta di due misure su cui vige il meccanismo della cristallizzazione del diritto. Un diritto che non si perde a prescindere che le misure siano ancora attive o meno quando un lavoratore decide di sfruttarle.
Tutti i pro e i contro delle due misure, l’Ape sociale è più vincolata
L’Ape sociale è destinata solo a determinati lavoratori che hanno alcune problematiche a livello lavorativo, di famiglia o di salute. Per questo c’è chi la descrive come una misura più assistenziale che previdenziale.
- non può essere superiore a 1.500 euro al mese;
- è basata su 12 mensilità e non su 13 (non ha la tredicesima);
- non può essere reversibile se muore il beneficiario;
- non prevede assegni nucleo familiare, maggiorazioni e integrazioni al trattamento minimo;
- è temporanea e dura fino ai 67 anni di età.
La quota 102 a 64 anni di età non ha limitazioni
Tutte le limitazioni prima descritte per l’Ape sociale vengono meno con la quota 102. Infatti si tratta di una misura che non ha particolari limitazioni di calcolo o assegno ed è definitiva nel senso che una volta percepita resta questa la pensione per tutto il resto della vita del beneficiario. Evidente che vista così la scelta di un lavoratore non potrà che propendere verso la quota 102 al posto dell’Ape sociale. Una pensione che viene liquidata con il calcolo misto e calcolata in base all’ammontare dei contributi versati alla data di pensionamento. Nulla a che vedere quindi con il vincolo di 1.500 euro al mese dell’Ape sociale. Ed è pure reversibile mortis causa del titolare.
Il divieto di cumulo con i redditi da lavoro
Ma c’è una cosa che va sottolineata e che riporta in campo l’Ape sociale come possibilità per qualche lavoratore, spostando la scelta verso questa misura e non verso l’altra. Il nostro lettore, almeno per quanto capiamo, si trova a voler continuare a lavorare. Fermo restando il diritto a continuare a farlo, posticipando l’uscita e sfruttando la cristallizzazione del diritto, tanto potrà uscire a sua libera scelta in futuro, c’è una particolarità che riguarda la quota 102 e che invece non riguarda l’Ape sociale.
Il lavoro autonomo occasionale
L’unica attività ammessa è quella da lavoro autonomo occasionale. Si può lavorare anche in pensione, purchè si svolga questo genere di attività e fino alla soglia dei 5.000 euro annui. Con l’Ape sociale invece nessun vincolo e lavoro perfettamente compatibile a prescindere. Per questo il lettore se vuole può sfruttare questa misura al posto della quota 102. Per quello che a conti fatti sembra l’unico vantaggio che l’Ape ha nei confronti di una quota 102 nettamente migliore da ogni punto di vista.