Pensioni anticipate e di vecchiaia, serviranno 5 anni in più? Ecco la proposta del CNEL

Perché si rischia di dover attendere 5 anni in più per andare in pensione anticipata o di vecchiaia: la proposta sulla flessibilità del CNEL.
1 mese fa
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Un pool di esperti multisettore, con all’interno esponenti del mondo previdenziale, economico, finanziario, sindacale e non solo, sembra stia lavorando per formulare una proposta di riforma delle pensioni degna di questo nome. Un supporto al governo, chiamato a intervenire, è naturalmente previsto, poiché nella Legge di Bilancio di fine anno sarà necessario affrontare la questione delle pensioni. E così iniziano a emergere alcune ipotesi che potrebbero concretizzarsi nella manovra. Almeno, queste sono le tematiche che i futuri incontri tra governo e sindacati dovranno approfondire.

Tuttavia, le idee che emergono dal CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) sono davvero particolari e rischiano di provocare una vera e propria rivoluzione nel sistema pensionistico. Le misure proposte, però, sembrano lontane da ciò che i lavoratori e forse anche i sindacati si aspettavano. Ecco quindi le ipotesi sulle pensioni secondo il CNEL.

Pensioni anticipate e di vecchiaia: serviranno 5 anni in più? Ecco la proposta del CNEL

Secondo quanto emerge, si prevede il blocco di una serie di misure che, ormai da anni, accompagnano i lavoratori, misure delle quali essi hanno imparato a conoscere tutte le sfaccettature. Parliamo di pensioni con le quote, misure tampone e temporanee, da rinnovare di anno in anno con continui accorgimenti e correttivi.

Si parte quindi dall’idea di un ricambio organico e strutturale dell’intero sistema previdenziale, con nuove misure e correttivi dei requisiti per le misure ordinarie. Il primo passo dovrebbe essere la creazione di una misura strutturale di flessibilità.

Per il CNEL, dunque, la flessibilità è fondamentale. In pratica, è necessaria una misura unica che offra ai lavoratori la possibilità di scegliere l’età di uscita dal mondo del lavoro. La flessibilità è un tema ricorrente in qualsiasi incontro tra governo e sindacati del passato, e lo è anche nelle vecchie proposte di riforma del sistema che, negli anni, alcuni esponenti politici, tecnici ed esperti hanno avanzato.

Pensioni di vecchiaia e pensioni anticipate: cambia tutto per il Cnel

Ma di quale flessibilità parla il CNEL nella sua idea di riforma pensionistica? Questo è il punto cruciale, poiché si discute di una nuova riforma delle pensioni che consentirebbe la quiescenza tra i 64 e i 72 anni di età. Una soluzione che modificherebbe profondamente l’attuale sistema, considerando che anche i coefficienti di trasformazione dovrebbero essere rivisti, dato che attualmente coprono il periodo dai 57 ai 71 anni.

Si tratterebbe di un cambio di rotta, con pensioni flessibili a partire dai 64 anni di età, ma a discapito dei lavoratori. Probabilmente, infatti, la nuova misura imporrebbe una penalizzazione, da scegliere tra le due classiche opzioni sempre discusse: o il ricalcolo contributivo della prestazione, che penalizza in modo diverso i lavoratori a seconda del numero di anni di contributi versati prima del 1996, oppure il taglio lineare per ogni anno di anticipo, che potrebbe raggiungere anche il 3,5% per ogni anno di anticipo rispetto all’età pensionabile di vecchiaia (67 anni, ndr).

Penalizzazioni e tagli, ma flessibilità in uscita garantita

Ma le novità non si fermano ai tagli e alle penalizzazioni. Si parla infatti di una “pensione flessibile” con un importo minimo da raggiungere. La pensione non dovrebbe essere inferiore a 15 volte l’assegno sociale, oppure non inferiore a 800 euro al mese.

Tuttavia, se l’età diventa variabile, ciò che potrebbe suscitare malcontento è il cambio del requisito contributivo minimo, che salirebbe a 25 anni. Da molti anni, i lavoratori considerano i 20 anni come il requisito minimo per la carriera contributiva necessaria per la pensione. Nel corso degli anni, l’età pensionabile è cambiata rapidamente e costantemente.

Per esempio, dal 1° gennaio 2019, l’età pensionabile è passata da 66 anni e 7 mesi a 67 anni. Tuttavia, non si era mai intervenuti sui contributi minimi da versare.

Ora si passerebbe da 20 a 25 anni, anche, per esempio, per le pensioni anticipate contributive, che oggi permettono ai lavoratori con il primo accredito contributivo dopo il 31 dicembre 1995 di accedere alla pensione con 64 anni di età e 20 anni di contributi.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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