Pensioni anticipate: ecco perché lo stipendio più alto favorisce la pensione in anticipo e più alta

Pensioni anticipate e retribuzioni, ecco perché lo stipendio più alto favorisce la pensione in anticipo e più alta.
2 mesi fa
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Ecco come accedere alla pensione prima dei 62 anni di età per chi fa turni e lavora di notte, differenze e regole.
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Il sistema previdenziale divide i lavoratori in due grandi categorie: i nuovi e i vecchi iscritti. In pratica, ci sono coloro che hanno iniziato a versare contributi prima del 1996 e chi, invece, ha iniziato dopo il 1995. Cambiano le regole di calcolo delle pensioni e anche alcune regole di uscita dal mondo del lavoro. Una costante tra i due sistemi, e tra le due categorie di contribuenti, è che chi percepisce uno stipendio più alto è avvantaggiato due volte in materia pensionistica: non solo riceve una pensione più alta, ma spesso riesce anche ad andare in pensione prima.

Può sembrare una contraddizione, ma chi ha un tenore di vita migliore durante la carriera lavorativa, perché percepisce uno stipendio più alto, finisce per avere una situazione favorevole anche dopo il pensionamento, riuscendo spesso ad anticipare l’uscita dal mondo del lavoro.

Pensioni anticipate: ecco perché uno stipendio più alto favorisce una pensione anticipata e più elevata

È logico che chi ha stipendi alti percepisca pensioni alte, ma è meno intuitivo il vantaggio che le regole pensionistiche del sistema offrono anche in termini di diritto alla pensione. Chi ha iniziato a lavorare prima del 1995 ha diritto al calcolo della pensione in parte con il sistema retributivo e in parte con quello contributivo.

Infatti, per tutti i periodi di lavoro fino al 1995, la pensione è calcolata in base alle ultime retribuzioni percepite (5 o 10 anni). Più alte sono queste retribuzioni, maggiore sarà la quota di pensione calcolata. I periodi successivi, invece, sono calcolati con il sistema contributivo, che si basa sull’ammontare dei contributi versati. Contributi più alti determinano una pensione più elevata.

Per esempio, un dipendente versa al Fondo Pensioni Lavoro Dipendente (FPLD) il 33% della sua retribuzione. È naturale che a uno stipendio maggiore corrisponda una contribuzione maggiore. Per i vecchi iscritti che vantano almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, il calcolo basato sulle ultime retribuzioni si estende fino al 31 dicembre 2011, mentre il calcolo contributivo viene applicato solo per i periodi successivi.

In definitiva, chi percepisce uno stipendio più alto, che la pensione sia interamente contributiva, interamente retributiva o mista, finisce per garantirsi una pensione maggiore.

Non solo l’importo della pensione è influenzato da uno stipendio medio troppo basso

Fin qui, nulla di strano: è una questione di equità che chi versa di più ottenga una pensione più alta. È questa la motivazione che ha spinto lo Stato italiano a passare dal sistema retributivo al sistema contributivo, poiché il primo era considerato poco equo.

Infatti, bastava un aumento del livello del lavoratore negli ultimi anni di carriera per generare stipendi molto più elevati e, di conseguenza, una pensione nettamente superiore, non proporzionata agli effettivi versamenti effettuati.

A prescindere da questo, la retribuzione incide sempre sul calcolo della pensione. Ciò che approfondiamo oggi è il sistema di concessione del diritto alla pensione, che risulta altrettanto vantaggioso per chi ha stipendi più alti. Questo vale soprattutto per chi rientra nel sistema contributivo, considerato più equo.

I lavoratori il cui primo accredito contributivo è successivo al 31 dicembre 1995 hanno tre diverse possibilità di andare in pensione: la pensione anticipata contributiva a 64 anni con 20 anni di contributi, la pensione di vecchiaia ordinaria a 67 anni con 20 anni di contributi, e la pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni con 5 anni di contributi.

Più basso è lo stipendio medio durante la carriera, più è probabile che il lavoratore vada in pensione solo a 71 anni. Al contrario, più alta è la retribuzione, più facile sarà l’accesso alla pensione a 64 anni.

Pensioni anticipate, ma solo a fronte di stipendi rilevanti

Tutto ruota intorno al fatto che, per la pensione anticipata contributiva e per le pensioni di vecchiaia ordinarie, i “contributivi puri” o nuovi iscritti devono raggiungere un importo soglia della pensione per poter accedere al pensionamento.

Questo importo soglia, per le pensioni a 64 anni con 20 anni di contributi, non può essere inferiore a tre volte l’assegno sociale.

In altre parole, è necessario raggiungere una pensione di 1.603,23 euro al mese per andare in pensione anticipata con il sistema contributivo. Questo importo è calcolato moltiplicando per tre l’assegno sociale del 2024, pari a 534,41 euro.

Per le donne con un solo figlio, l’assegno sociale deve essere moltiplicato per 2,8 volte, rendendo la pensione minima per poter uscire dal lavoro pari a 1.496,35 euro. Per le lavoratrici con due o più figli, invece, la pensione minima è pari a 1.389,47 euro, poiché l’assegno sociale va moltiplicato per 2,6 volte.

Circa la pensione di vecchiaia, i contributivi puri possono accedervi solo se il trattamento percepito è almeno pari all’assegno sociale, ossia 534,41 euro al mese.

È evidente, quindi, che solo chi ha stipendi tali da garantire importi pensionistici in linea con i requisiti richiesti può andare in pensione prima. Altrimenti, l’unica opzione resta quella di andare in pensione a 71 anni, liberandosi così da vincoli e paletti.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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