Pensioni anticipate: si cambia. Ecco cosa accadrà per lasciare il lavoro prima

Pensioni anticipate: si cambia. Ecco le ipotesi sull'eventuale nuova riforma e le penalizzazioni per i futuri, nuovi, pensionati.
8 mesi fa
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pensione gestione separata
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Pensioni anticipate: secondo le ultime notizie provenienti dalle stanze dei bottoni sulle pensioni, è possibile delineare cosa succederà nel sistema previdenziale italiano nei prossimi mesi. L’INPS ha annunciato il lancio di una nuova applicazione che permetterà ai titolari di pensioni di gestire i loro assegni pensionistici con la stessa facilità di un conto corrente tramite app bancarie.

Per quanto riguarda le ipotesi di riforma del sistema, sembra che tutto converga verso un’unica direzione, quella che molti ritengono la più penalizzante per i futuri pensionati.

Pensioni anticipate: si cambia. Ecco cosa accadrà per lasciare il lavoro prima

Molti lavoratori sono in attesa di novità positive riguardo la riforma delle pensioni e si chiedono come potranno andare in pensione a partire dal 2025. Questo interesse riguarda sia coloro che oggi non possono pensionarsi per mancanza dei requisiti, sia chi considera di rimandare l’uscita, sperando in buone notizie dal prossimo anno.

Il Documento di economia e finanza (Def) del governo non ha rivelato novità in materia previdenziale, senza stanziamenti o progetti di spesa specifici. Questo solleva dubbi: se non viene pianificato nulla, potrebbe significare che oltre alla mancanza di una riforma delle pensioni, potrebbero sparire anche alcune misure che scadranno a fine anno?

Molti guardano al 2025 come anno per la pensione con opzione donna, l’Ape sociale e quota 103, tre misure che l’ultima manovra ha confermato solo per un anno, spostandone la scadenza originaria dal 31 dicembre 2023 al 2024. Se queste misure venissero meno, le possibilità di pensionamento si ridurrebbero notevolmente.

Ape sociale, opzione donna e quota 103, addio o conferme per il 2025?

Ci sono individui che nel 2024 non raggiungeranno i 63 anni e 5 mesi necessari per l’Ape sociale e, anche se hanno i 30 o 36 anni di contributi richiesti, non possono utilizzarla attualmente. Se la misura venisse interrotta il 31 dicembre 2024, per loro il pensionamento nel 2025 sarebbe compromesso.

Lo stesso vale per coloro che nel 2024 per età (almeno 62 anni) o contributi (minimo 41 anni) non raggiungono quota 103. Senza una proroga di questa misura, anche per loro le pensioni sarebbero rimandate. Questo include le lavoratrici che non hanno completato i 61 anni di età e i 35 anni di contributi entro la fine del 2023. Requisiti necessari per opzione donna nel 2024.

Chi, ad esempio, raggiunge i 61 anni di età o i 35 anni di contributi nel 2024, spera che l’opzione donna sia riconfermata anche per il 2025. Tuttavia, come già detto, la situazione rimane incerta e non è garantito che queste opzioni di pensionamento siano disponibili l’anno prossimo.

Come potrebbe cambiare la previdenza nel 2025

Nonostante l’assenza di conferme dal Def e di preventivi di spesa per le pensioni, alcuni membri della maggioranza di governo spingono per l’introduzione di nuove misure. In prima linea, come sempre, c’è la quota 41 per tutti.

Recentemente, esponenti di spicco della Lega di Matteo Salvini hanno rilanciato l’attenzione su questa misura, suscitando aspettative su una riforma che eliminerebbe i vincoli attuali della quota 41 per i lavoratori precoci, trasformandola in una misura generale. Tuttavia, per essere un’alternativa reale alle pensioni anticipate ordinarie, la nuova misura dovrebbe includere alcune penalizzazioni per chi opta per essa.

Sulle pensioni anticipate inevitabile parlare di penalizzazioni, ecco perché la riforma nascerebbe così

Le penalizzazioni sarebbero più severe rispetto a quelle classiche per chi anticipa l’uscita. Data la riduzione degli anni di contributi versati e il peggioramento del coefficiente di trasformazione del montante contributivo in pensione. Si parla quindi di un nuovo approccio alla quota 41, ma con un calcolo contributivo della prestazione.

Questo significa che, al posto del calcolo misto, chi utilizzerebbe questa misura riceverebbe un assegno calcolato esclusivamente sul contributivo. E per coloro che hanno almeno 18 anni di contributi alla data del 31 dicembre 1995, il taglio sarebbe notevole.

Parliamo di oltre il 30% di riduzione per chi avrebbe diritto al calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011. Perché chi ha maturato 18 o più anni di contributi alla data del 31 dicembre 1995 subirebbe il calcolo contributivo penalizzante solo per i periodi successivi al 2012.

Il calcolo contributivo a favore dell’INPS ma non del pensionato

Il calcolo contributivo sta diventando sempre più una costante nel sistema previdenziale italiano. Soprattutto perché con il passare degli anni sono sempre meno i lavoratori non ancora pensionati che hanno iniziato a versare prima del 1996. Inoltre, il calcolo contributivo appare come una soluzione ideale per i conti pubblici dell’INPS. Questo è dimostrato anche dalla proroga del 2024 di quota 103, a cui è stato aggiunto il vincolo del calcolo contributivo.

Opzione donna è sempre stata una misura contributiva, e questo invia un segnale chiaro verso l’adozione di questa formula anche per future misure pensionistiche. In sostanza, è improbabile aspettarsi misure di favore dalla prossima riforma delle pensioni. Anche se nascessero nuove opzioni di pensione anticipata, queste non sarebbero esenti da penalizzazioni.

I tempi in cui la famosa quota 100 permetteva l’accesso alla pensione a 62 anni con 38 anni di contributi sono passati. Se una misura con requisiti così elevati come quota 103 è diventata contributiva, immaginare qualcosa di più vantaggioso è realisticamente un errore.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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