A ottobre, con l’esplosione dell’inflazione, la riforma pensioni diventa un miraggio. Ha, infatti, sfiorato il 12%, un dato che non si era mai visto dal 1984. Allora, però, la spesa pensionistica era addirittura la metà di quella di oggi.
Secondo i dati preliminari Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo registra a ottobre un aumento del 3,5% su base mensile e dell’11,9% su base annua (da +8,9% del mese precedente). La forte accelerazione si deve soprattutto ai prezzi dei beni energetici (da +44,5% di settembre a +73,2%) e, in misura minore, ai prezzi dei beni alimentari (da +11,4% a +13,1%).
Inflazione alle stelle e riforma pensioni alle stalle
Di fronte a questi drammatici dati Istat a cui non eravamo più abituati, diventa difficile sostenere la spesa previdenziale nei prossimi anni. Serviranno dei tagli e anche significativi. Come ha detto il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, c’è il rischio che il patrimonio netto dell’istituto di previdenza sociale vada in rosso per 92 miliardi entro i prossimi sei anni.
A pesare sui conti delle pensioni sono soprattutto le rendite concesse con troppo anticipo e con un sistema di calcolo (retributivo) diventato troppo oneroso per lo Stato. Sia numericamente (i pensionati sono oggi 16,1 milioni), sia quantitativamente (il costo è salito a 313 miliardi di euro nel 2021), circa il 16% del Pil.
Impossibile attuare una riforma pensioni che eviti il ritorno alle regole Fornero per tutti dal 2023 senza intervenire sulla spesa. Come? L’Unica strada percorribile è quella di anticipare l’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo per tutti.
Quota 41 verso il tramonto
In questo contesto, Quota 41 perde appeal e l’introduzione di uno sbarramento anagrafico non modificherebbe di molto le cose. Pochi lavoratori potranno andare in pensione con simili requisiti replicando quanto già avvenuto con Quota 102.
Anche perché bisognerà rivalutare circa 22 milioni di prestazioni previdenziali dal prossimo anno e questo richiederà uno sforzo a bilancio straordinario.
L’unica scappatoia per evitare il ritorno integrale della Fornero resta quella dell’estensione di Opzione Donna anche agli uomini, come vorrebbe FdI. In questo caso la spesa pensionistica sarebbe sostenibile fino all’entrata a regime del sistema contributivo fra una decina di anni.
In sostanza, chi vuole potrà andare in pensione anticipata accettando un taglio della pensione. Sia per via del sistema di calcolo interamente contributivo sia per via della giovane età anagrafica. Per il resto, sarà quasi sicuramente prorogata Ape Sociale (in pensione a 63 anni). Viceversa sarebbe un azzardo promuovere nuove vie di pensionamento anticipato che non potrebbero essere sostenute finanziariamente se non da nuove e più pesanti tasse.