Le pensioni con Opzione Donna potrebbero cambiare e aumentare dal prossimo anno. Non stiamo però parlando degli importi della rendita che notoriamente è molto bassa per via del sistema di calcolo contributivo adottato per questo tipo di prestazione. Bensì del numero dei potenziali beneficiari.
Come noto, il Parlamento, con la Legge di bilancio 2023, ha introdotto importanti modifiche alla misura di pensione anticipata riservata alle lavoratrici. L’età anagrafica è stata alzata a 60 anni, sia per le dipendenti che per le autonome, con possibilità di sconto fino a 2 anni in presenza di figli.
Opzione Donna, le restrizioni fanno crollare le domande
In questo nuovo contesto giuridico, la pensione con Opzione Donna è diventata prerogativa per pochissime elette. Rispetto all’anno precedente, di fatto, si è registrato un crollo delle domande del 90% proprio perché moltissime lavoratrici non possono far valere i particolari requisiti soggettivi richiesti.
Dati alla mano, le domande di pensionamento nei primi sei mesi del 2023 sono crollate vertiginosamente. Solo 7.536 contro le 24.559 dell’intero 2022, tenuto conto che nel primo dato sono comprese anche quelle il cui diritto alla pensione è maturato coi vecchi requisiti, quindi senza le restrizioni sociali previste dalla finanziaria. I dati sono stati elaborati dall’Osservatorio sulle pensioni dell’Inps ed evidenziano come Opzione Donna sia diventata oggi una misura ridotta al lumicino.
Secondo un sondaggio, inoltre, molte lavoratrici caregiver, invalide o licenziate tendono a preferire lo scivolo previsto da Ape Sociale a 63 anni che, fra le altre cose, prevede la decorrenza della pensione il mese successivo al perfezionamento dei requisiti. Mentre per Opzione Donna bisogna aspettare 12-18 mesi. Anche i requisiti contributivi sono più favorevoli: 30 anni per tutte con possibilità di scendere a 28 in presenza di figli.
Opzione Donna più favorevole nel 2024?
Di queste pesanti restrizioni si è dibattuto molto e i sindacati hanno più volte espresso la necessità di ripristinare le vecchie regole a tutela delle donne lavoratrici. Già il ricalcolo della pensione col sistema contributivo e la lunga attesa (finestra mobile) sono penalizzanti. Ma con le recenti restrizioni introdotte Opzione Donna rischia di non avere più alcun significato.
A settembre è previsto un nuovo incontro fra governo e parti sociali per discutere della prossima riforma pensioni. Sul tavolo del Ministero del Lavoro giacciono numerose le richieste di intervento per allentare la morsa sui nuovi requisiti di Opzione Donna. Quanto meno vi è la necessità di cancellare la norma che discrimina le lavoratrici con figli da quelle senza figli.
Difficile che il governo possa fare un paso indietro – osservano gli esperti – tuttavia l’esecutivo ha dato ampia disponibilità a ridiscutere in senso favorevole il meccanismo di Opzione Donna. Si pensa addirittura di far confluire la misura in Ape Sociale, date le similitudini di approccio alla pensione per le lavoratrici disagiate. In questo senso una soluzione potrebbe anche arrivare.
Si eliminerebbero i lunghi tempi di attesa della pensione, ma anche il calcolo della prestazione avverrebbe con il sistema retributivo e contributivo, meno penalizzante. In cambio bisognerebbe accettare l’uscita non prima dei 63 anni di età.
Riassumendo…
- Le pensioni con Opzione Donna potrebbero aumentare nel 2024.
- La nuova forma di pensionamento delle lavoratrici è troppo penalizzante.
- Allo studio modifiche per eliminare alcune barriere che rendono la strada per Opzione Donna troppo stretta.