Pensioni: al via il tavolo sulle riforme fra dubbi e perplessità

Al via il dialogo con le parti sociali per la riforma pensioni 2024. Il ministro Calderone punta a chiudere entro l’estate il capitolo più spinoso.
2 anni fa
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Ha preso formalmente il via il tavolo di confronto fra governo e sindacati per la prossima riforma pensioni. Quella che dovrebbe vedere la luce nel 2024. Obiettivo: maggiore flessibilità in uscita e addio alle sperimentazioni delle Quote.

Parole sante che ben si sposano con le intenzioni della Lega di portare avanti il progetto di Quota 41 per tutti senza vincoli anagrafici. Ma che, d’altro canto, devono essere giustamente valutate con la disponibilità economica dello Stato.

Pensioni: verso una riforma strutturale dal 2024

La riunione, che sarà aggiornata il prossimo 8 febbraio 2023, ha giusto fatto il punto della situazione.

All’attenzione del confronto – si apprende da una nota governativa – è stato portato l’attuale quadro della spesa pensionistica, anche in un’ottica di evoluzione del sistema all’interno del quale si dovrà tenere conto degli scenari demografici in Italia.

In altre parole, bisognerà fare i conti con una elevata spesa per l’assistenza previdenziale che dal 2008 è salita più di quella per le pensioni. A quei tempi ammontava a 73 miliardi di euro all’anno. Oggi è il doppio, con un tasso di crescita annuo di oltre il 6%, addirittura di 3 volte superiore a quello della spesa per le pensioni.

Col risultato che maggiore assistenza pubblica non ha portato a una minore crescita della povertà. Anzi, questa, anche a causa della pandemia, ha raggiunto livelli record in Italia. Sarà quindi difficile trovare una quadra per riformare il sistema pensionistico in un Paese sempre più vecchio.

Cosa aspettarsi per il futuro

Il problema della sostenibilità finanziaria non è solo italiano. In Francia il presidente Macron spinge per innalzare l’età pensionabile a 64 anni, mentre in Germania si cerca di costituire un fondo privato per sostenere le future pensioni.

Insomma, c’è un problema generale di conti che rischiano di andare fuori controllo. E continuare a garantire un certo livello di spesa pubblica per le pensioni rischia di ricadere sulla fiscalità generale più di quanto avviene attualmente.

Per l’Italia il problema maggiore è rappresentato dalle pensioni liquidate con il sistema retributivo. Quelle nuove pensano oggi per il 30% dell’intero assegno, ma quelle vecchie anche del 100%. E se consideriamo che tante sono state liquidate in giovane età, non c’è da meravigliarsi se i conti non tornano e si fa fatica a superare le regole Fornero.

Quota 41 resta quindi un traguardo raggiungibile, ma non come chiedono i sindacati. Mandare in pensione tutti a 41 anni dal 2024 sarà possibile solo se si proporrà ai lavoratori il ricalcolo contributivo della pensione. Diversamente c’è il rischio di ripetere il pasticcio di Quota 103.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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