La spesa pensionistica è sotto controllo anche se in leggera crescita: nel 2018 ha raggiunto i 225,593 miliardi, contro i 220,843 del 2017. Appare sempre più insostenibile, invece, il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale: 105,666 miliardi di euro nel 2018, con un tasso di crescita annuo dal 2008 pari al 4,3%.
È un quadro che non lascia spazio ad allarmismi, almeno per quanto riguarda la spesa pensionistica pura, quello tracciato dal 7° Rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2018“, curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e presentata al Governo e alle Commissioni parlamentari presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati.
Spesa assistenziale in forte aumento
La spesa per prestazioni sociali (pensioni, assistenza e sanità) in Italia incide per il 54,14% sull’intera spesa pubblica comprensiva degli interessi sul debito: l’incidenza rispetto al Pil, considerando anche altre funzioni sociali e le spese di funzionamento degli Enti che gestiscono il welfare, sfiora il 30%, uno dei valori più alti nell’Europa a 27 Paesi. Per finanziare il generoso sistema di welfare italiano, sono occorsi 462,114 miliardi, vale a dire tutti i contributi sociali e di scopo (quando previsti), tutta l’Irpef, tutta l’Ires, tutta l’Irap e quasi tutta l’Isos (Imposta sostitutiva sui redditi da capitale). “Quindi, per finanziare il resto della spesa pubblica (istruzione, giustizia, infrastrutture), non rimangono che le residue imposte indirette, le altre entrate e soprattutto non resta che fare nuovo debito“, chiosa Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Spesa pensioni non preoccupa
Un accorto monitoraggio della spesa assistenziale, anche attraverso l’istituzione di un casellario centrale, e il contrasto dell’evasione fiscale e contributiva sono le questioni più urgenti ai fini della sostenibilità del sistema. Se la spesa pensionistica non preoccupa, è ancora una volta la spesa per assistenza a confermarsi il vero punto debole del sistema di protezione sociale italiano.
La metà delle pensioni sono assistite dallo Stato
“Fa oggettivamente riflettere che un Paese appartenente al G7 come l’Italia abbia quasi il 50% di pensionati totalmente o parzialmente assistiti, cioè soggetti che in 66 anni di vita non sono riusciti a versare neppure 15/17 anni di contributi regolari – ha commentato Brambilla – perché questa situazione non sembra corrispondere alle effettive condizioni economiche italiane, tanto più che, a differenza delle pensioni finanziate da imposte e contributi, queste prestazioni gravano per 33,4 miliardi sulla fiscalità generale e non sono neppure soggette a imposizione fiscale. Il nocciolo del problema è che mentre le prestazioni previdenziali sono state ridotte a mezzo di stringenti riforme che hanno comunque colto l’obiettivo di stabilizzare la spesa, quelle assistenziali continuano ad aumentare sia per le continue promesse politiche sia per l’inefficienza della macchina organizzativa, priva di un’anagrafe centralizzata e di un adeguato sistema di controlli“.