Pensioni, cosa accade se ho troppi figurativi? Ecco chi rischia la pensione

Si rischia davvero di rimanere senza pensione per troppi contributi figurativi? Ecco quando il rischio si fa davvero concreto.
1 mese fa
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Andare in pensione richiede il completamento di due requisiti ben precisi: uno è l’età di uscita, l’altro è la contribuzione versata. Su quest’ultimo punto, ci sono misure che permettono l’utilizzo di qualsiasi tipo di contribuzione versata da parte di un contribuente. Altre misure, invece, prevedono dei limiti all’utilizzo della contribuzione figurativa.

Oggi analizzeremo un caso particolare: pochi sanno che, a volte, il diritto alla pensione può essere compromesso da chi ha accumulato troppi contributi figurativi di un certo tipo.

Vediamo chi rischia la pensione a causa di troppe disoccupazioni e malattie.

“Buongiorno, volevo chiedervi una cosa. Nel 2025 dovrei raggiungere 42 anni e 10 mesi di contributi. E quindi, a 64 anni di età, perché proprio nel 2025 raggiungerò questa età, dovrei finalmente ottenere la pensione. Mi chiedevo se ci fossero problemi relativi al fatto che nel mio estratto conto compaiono molti periodi di indennità di disoccupazione. Questi contributi figurativi valgono tutti o devo considerare il fatto che, a causa loro, rischio di dover lavorare ancora? In pratica, posso utilizzare questi contributi per verificare il mio diritto alla pensione o ci sono regole diverse?”

Si rischia davvero di rimanere senza pensione per troppi contributi figurativi? Ecco quando il rischio si fa concreto e tutte le motivazioni da cui deriva.

Ecco chi rischia la pensione per troppe disoccupazioni e troppe malattie

La contribuzione figurativa è generalmente valida sia per il diritto alla pensione sia per il calcolo dell’importo della stessa. Tuttavia, non per tutte le tipologie di pensioni. Ad esempio, oggi possono andare in pensione a 66 anni e 7 mesi di età gli addetti ai lavori gravosi e usuranti, sfruttando una sorta di salvaguardia introdotta nel 2019. L’aumento di 5 mesi dell’età pensionabile, che nel 2019 ha portato l’età da 66 anni e 7 mesi a 67 anni, è stato congelato per questi lavoratori.

Si tratta delle stesse categorie che possono accedere all’Ape sociale e alla quota 41 per i precoci, o allo scivolo del lavoro usurante di quota 97,6.

A 66 anni e 7 mesi, quindi, questi lavoratori possono maturare il diritto alla pensione di vecchiaia, purché abbiano accumulato almeno 30 anni di contributi.

In questo caso, si tratta di contributi da lavoro effettivo. Questa è una prima eccezione riguardo alla validità dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e il calcolo del trattamento, poiché per raggiungere i 30 anni richiesti non si possono considerare i contributi figurativi.

Pensione, cosa accade se ho troppi figurativi?

Per quanto riguarda la validità della contribuzione figurativa per la pensione, il vero problema che potrebbe mettere a rischio la pensione di un contribuente è legato alla contribuzione da disoccupazione e malattia. Alcune misure limitano l’utilizzo di questa contribuzione, non tanto per il calcolo dell’importo della pensione, quanto piuttosto per il diritto alla pensione stessa. La pensione anticipata ordinaria è un esempio di queste misure.

Le donne possono accedere a questa pensione con almeno 41 anni e 10 mesi di contributi, mentre gli uomini necessitano di almeno 42 anni e 10 mesi. Tuttavia, almeno 35 di questi anni devono essere privi dei periodi di malattia o disoccupazione coperti da contributi figurativi. In altre parole, chi ha troppi contributi da malattia indennizzata dall’INPS o da trattamenti di disoccupazione erogati dall’INPS, rischia di non poter accedere alla pensione.

Le pensioni anticipate: i requisiti contributivi spesso sconosciuti

Un contribuente che ha raggiunto esattamente 42 anni e 10 mesi di contributi versati rischia di dover continuare a lavorare se non ha almeno 35 anni di contributi effettivi, privi di figurativi da disoccupazione e malattia.

Il nostro lettore, che non specifica quanti anni di figurativi ha, potrebbe rischiare di non ottenere il diritto alla pensione di vecchiaia. Ciò se i contributi da Naspi e disoccupazione non gli consentono di raggiungere i 35 anni effettivi.

Ogni mese di contributi effettivi mancante ai 35 anni deve essere lavorato per completare questo requisito.

Per esempio, chi ha 42 anni e 10 mesi di contributi totali, ma solo 34 anni e 5 mesi di contributi effettivi, dovrà lavorare altri 7 mesi. Nonostante abbia già raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi richiesti. In tal caso, potrà andare in pensione con 43 anni e 5 mesi di contributi.

Va notato che il calcolo della pensione non viene influenzato da questo. Poiché l’importo della prestazione sarà calcolato considerando anche i contributi figurativi nella loro interezza.

Lo stesso ragionamento vale per la quota 41 per i precoci

Anche la misura destinata a caregiver, invalidi, disoccupati e addetti ai lavori gravosi prevede il requisito dei 35 anni di contributi effettivi. Anche in questo caso, chi non raggiunge questo limite, pur avendo maturato 41 anni di contributi, di cui almeno un anno prima dei 19 anni di età, rischia di non poter andare in pensione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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