Pensioni da fame per i precari d’oggi. Stritolati fra lavori saltuari malpagati e sistemi di calcolo previdenziale al limite della sopravvivenza, i precari rappresentano la nuova frontiera della povertà di domani. L’allarme è stato lanciato dai sindacati che hanno simulato delle previsioni previdenziali per coloro che andranno in pensione avendo iniziato a lavorare dopo il 1996, cioè da quando è stato introdotto il sistema di calcolo contributivo per la pensione. Ma anche dopo l’introduzione della riforma Fornero che ha allungato l’età pensionabile per tutti.
La riforma Dini e Fornero
In altre parole la legge (riforma Dini del 1995) ha abolito il sistema di calcolo retributivo per coloro che iniziavano a versare contributi dopo il 1 gennaio 1996. In altre parole, la pensione viene calcolata solo ed esclusivamente sulla base del monte retributivo di ciascun assicurato, con le dovute rivalutazioni in base all’inflazione. Ne consegue che la pensione sarà molto più bassa rispetto a chi, avendo versato contributi prima del 1996, aveva diritto al sistema di calcolo retributivo, basato cioè sulle ultime retribuzioni percepite.
Precari d’oggi, poveri domani
Detto ciò, i lavoratori di oggi non percepiranno mai un trattamento pensionistico pari a quello dei loro predecessori. Ma il problema più grosso riguarderà i 40enni precari di oggi, alle prese con lavori saltuari e mal pagati che andranno in pensione non prima di aver compiuto i 73 anni di età in assenza di almeno 20 anni di contributi, con un assegno misero non avendo manco diritto all’integrazione al trattamento minimo (esclusa per il regime contributivo). A titolo di esempio, oggi come oggi, chi ha lavorato 20 anni con un lavoro full time e reddito di almeno 15 mila euro all’anno, percepirebbe una pensione mensile di 680 euro lordi. Chi, viceversa, avesse lavorato come precario (colf o badante) per 8.000 euro all’anno potrà andare in pensione dopo 43 anni di lavoro con 270 euro al mese.
La pensione integrativa
Una vergogna – tuonano i sindacati – se si pensa a quanti soldi l’Inps ha regalato con sistema retributivo ai lavoratori in passato, senza le dovute coperture previdenziali. A maggior ragione se la soluzione al problema è quella di gettare intere generazioni di precari nella miseria quando sarà il loro turno per andare in pensione. Serve una riforma. Come quella che il presidente dell’Istituto di previdenza sociale, Pasquale Tridico aveva proposto: la creazione di un fondo integrativo Inps. Una forma di previdenza complementare pubblica gestita dall’Inps, volontaria e alternativa alle forme complementari private che possa “garantire una prudente gestione dei fondi” e conseguentemente arrivare a offrire un assegno pensionistico dignitoso al lavoratore.