Ogni anno che passa le pensioni saranno sempre più basse. Di poco, ma meno rispetto a quelle liquidate un l’anno prima. Che cosa succede e perché questa variazione dell’importo della pensione?
Sono gli effetti della riforma Dini del 1995 che ha messo fine alle pensioni basate sul sistema di calcolo retributivo. Ogni anno che passa il lavoratore avrà più contributi nel sistema contributivo e meno in quello retributivo. Va da sé che, essendo il sistema contributivo è più penalizzante, la pensione sarà più bassa.
Il coefficienti di trasformazione
Ma c’è un altro fattore che pesa sul sistema di calcolo delle pensioni e che la gente non conosce. Si tratta del coefficiente di trasformazione. Un numero percentuale, introdotto anch’esso con la riforma Dini, che trasforma appunto i contributi totali versati dal lavoratore (montante contributivo) in pensione.
Questo coefficiente è tanto maggiore quanto più è alta l’età del lavoratore che presenta domanda di pensione. I coefficienti di trasformazione, quindi, variano di anno in anno in base all’andamento del Pil dell’Italia.
Essendo il Pil del nostro Paese crollato nel 2020, anche i coefficienti di trasformazione recepiranno in senso negativo tale variazione. In altre parole, il montante contributivo non sarà rivalutato.
Già nel 2021 il coefficiente di trasformazione aveva subito un taglio. Ma dal prossimo anno ne subirà un altro, poiché la revisione è biennale e riguarderà il periodo 2022-2023 recependo purtroppo il crollo del Pil del 2020.
A quanto ammonta il taglio
La combinazione di questi due fattori (coefficienti di trasformazione e calcolo col sistema contributivo), fanno diminuire la pensione del lavoratore nel 2022, rispetto a chi ha lasciato il lavoro nel 2021.
Posto che le pensioni future scenderanno inesorabilmente, viene da domandarsi di quanto sarà il taglio. Una domanda alla quale è difficile dare una risposta precisa in quanto sono molte le variabili che incidono sul calcolo dell’assegno.
Secondo le simulazioni degli esperti, la perdita di rivalutazione del montante nella parte contributiva potrebbe sfiorare il 2,5%, con una perdita potenziale del 1,6% rispetto a quest’anno su una pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi versati prima del 1996. Fatto 1.000 l’importo dell’assegno, si tratterebbe di 16 euro al mese