Le pensioni dei giornalisti sono a rischio. E non da adesso, ma da almeno una decina di anni, cioè da quando l’Inpgi, l’Istituto nazionale che regola le prestazioni dei giornalisti, fatica a pagare le pensioni ai professionisti iscritti all’Ordine dei giornalisti.
Schiacciato da 250 milioni di debiti, L’Inpgi sarà quindi salvato dallo Stato, cioè dalla collettività, attraverso l’Inps che lo assorbirà in tutto e per tutto a partire dal 1 luglio 2022. Così è previsto dalla manovra di bilancio che il Parlamento si appresta ad approvare.
Inpgi verso il default, lo Stato arriva in soccorso
Le pensioni dei giornalisti saranno quindi assicurate dal Inps che si dovrà accollare un altro ente pensionistico naufragato sotto il peso di debiti accumulati nel tempo. Sparisce quindi un pezzo di storia durato 95 anni, un istituto che porta il nome di Giovanni Amendola, celebre giornalista antifascista dei primi del novecento.
Ma tant’è, i numeri parlano chiaro e la gestione dei conti del Inpgi è fallimentare su tutte le voci di bilancio. In pratica, da anni le entrate contributive degli iscritti non sono in grado di compensare le uscite (pensioni). Un buco che si è sempre più allargato col tempo fino a diventare una voragine insanabile. Da qui la decisione del governo di evitare il commissariamento.
Chi pagherà le pensioni dei giornalisti
Ma come si è arrivati a un simile disastro? In primis grazie al regime di privilegio che l’Inpgi accordava da anni agli iscritti. Versamenti contributivi ridotti del 4% rispetto a quelli previsti dal Inps per far risparmiare soldi gli editori. In tutto 900 milioni che mancano ora alle casse dell’Istituto.
Anche l’aliquota di rendimento dei contributi è stata per anni superiore a quella del Inps. Il 2,66% per ogni anno di lavoro contro il 2% dell’Istituto di previdenza nazionale. Tradotto, significa che la pensione dei giornalisti è più alta mediamente del 30% rispetto a quella pubblica.
Ma a pesare sui conti ci sono anche 270 milioni di euro di contributi non riscossi presso i datori di lavoro e una mala gestio del patrimonio immobiliare del Inpgi.
Soldi che prima o poi sarebbero venuti a mancare. E solo dal 2012, con la Fornero, l’Inpgi si è allineato alle aliquote contributive Inps, anche se era ormai troppo tardi. Già dieci anni fa la stessa Fornero aveva predetto che l’Inpgi era messo male e destinato a fallire.