Il tema pensioni tiene banco anche a gennaio. Fra le varie novità di cui si sta discutendo fra i titolari degli assegni Inps vi è anche la possibile riduzione delle pensioni di reversibilità per il 2020. Una misura prevista dalla riforma Dini (legge 355 del 1995) ma che non manca mai di sollevare polemiche. Vediamo bene di cosa si tratta.
La normativa prevede che l’assegno che spetta ai superstiti sia ridotto se il titolare percepisce altri redditi. Il taglio è: del 25% dell’importo della pensione se il reddito supera tre volte il trattamento minimo annuale di pensione per il 2020 (515,05 euro mensili che corrispondono a 20.086,95); del 40% se il reddito supera di quattro volte il trattamento minimo (26.782,60 euro); e del 50% se supera di cinque volte l’importo del trattamento minimo (33.478.25 euro).
A chi spetta la pensione di reversibilità
La pensione di reversibilità è riconosciuta ai parenti superstiti in caso di decesso del pensionato o assicurato. L’istituto è regolato dalla legge 335 del 1995 che ne disciplina le modalità di erogazione, la misura e i casi di esclusione. Fra i superstiti aventi diritto alla pensione del pensionato o del lavoratore vi sono in via principale il coniuge e i figli, ma possono beneficiarne anche i fratelli e le sorelle.
Quando spetta la pensione di reversibilità
Il diritto alla pensione di reversibilità sorge al momento del decesso del pensionato o del lavoratore avente diritto alla pensione (in questo caso si parla di pensione diretta calcolata dall’Inps sugli anni di contributi versati) e ha lo scopo di fornire sostegno economico alla famiglia qualora l’assegno dell’Inps sia importante fonte di reddito per il coniuge e per i figli. Per godere della pensione diretta è però necessario che l’assicurato abbia versato almeno 15 anni di contributi nel corso della vita assicurativa o, in alternativa, almeno 5 anni di contributi di cui 3 negli ultimi cinque.
L’importo dell’assegno
La pensione del defunto non viene però devoluta per intero ai familiari superstiti, ma ripartita secondo alcune percentuali, come previsto dalla legge, e in particolare:
- 60%, solo coniuge;
- 70%, solo un figlio;
- 80%,coniuge e un figlio ovvero due figli senza coniuge;
- 100%coniuge e due o più figli ovvero tre o più figli;
- 15%per ogni altro familiare, avente diritto, diverso dal coniuge, figli e nipoti.
Qualora abbiano diritto alla pensione di reversibilità altri parenti, le aliquote di reversibilità sono diverse:
- un figlio: 70%;
- due figli: 80%;
- tre o più figli: 100%;
- un genitore: 15%;
- due genitori: 30%;
- un fratello o sorella: 15%;
- due fratelli o sorelle: 30%;
- tre fratelli o sorelle: 45%;
- quattro fratelli o sorelle: 60%;
- cinque fratelli o sorelle: 75%;
- sei fratelli o sorelle: 90%;
- sette fratelli o sorelle: 100%.
Chi non ha diritto alla pensione di reversibilità
Più importante è capire, però, chi non ha diritto (o lo perde) alla pensione ai superstiti. A tal fine la legge parla chiaro e specifica un elenco preciso. Non ha diritto alle pensione di reversibilità:
- il coniuge del defunto che contrae nuovo matrimonio (l’assegno verrà liquidato una tantum in due mensilità);
- il coniuge che non percepisce l’assegno divorzile (per l’Inps se non si ha diritto a tale forma di sostegno economico non si ha diritto nemmeno alla pensione dir reversibilità);
- Anche le coppie di fatto, benchè la legge riconosce un serie di diritti e doveri, sono escluse dal beneficio della pensione di reversibilità;
- Sono esclusi anche i figli di maggiore età (dopo i 18 anni), ad eccezione di coloro che frequentano le scuole medie superiori (dopo i 21 anni) e che sono iscritti all’Università o a scuole di livello universitario (dopo i 26 anni). Sono esclusi anche i figli che svolgono attività lavorativa o che frequentino tirocini formativi e di orientamento;
- Genitori che non abbiano ancora compiuto il 65 esimo anno di età, titolari di pensione diretta ovvero non siano a carico del defunto:
- Fratelli e sorelle non coniugati che non siano inabili o titolari di pensione diretta.