Pensioni fino a 2.500 euro, aumento approvato: confermato anche se salta il governo Draghi?

Forti aumenti delle pensioni previsto per il 2023 a causa dell’impennata dell’inflazione. Cosa potrebbe succedere per mitigare l'impatto di spesa dello Stato.
2 anni fa
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Il prossimo anno le pensioni dovranno essere rivalutate in base al tasso d’inflazione. Cosa che avviene tutti gli anni, si chiama perequazione automatica, ma che per il 2023 sarà preoccupante. Con o senza governo Draghi.

In base alle previsioni di crescita dell’inflazione (7-8%) lo Stato è obbligato a innalzare gli importi a 16 milioni di assegni. Una conseguenza inevitabile, ma che costerà – secondo le stime Inps – almeno 23 miliardi di euro.

Pensioni: forti aumenti previsti nel 2023

E’ ancora presto per fare i conti, ma si profila per lo Stato una manovra di bilancio pesante.

Soldi che andranno stanziati insieme ai conguagli previsti, a partire da gennaio 2023, per la parte residua degli aumenti delle pensioni del 2022 (0,2% in più).

Un rincaro della spesa statale per rivalutare le pensioni di circa il 7%, quindi, che andrà a ricadere anche su altre prestazioni previdenziali che dovranno essere rivalutate. Cosa che allontana decisamente la possibilità di una riforma pensioni in deficit. Come anche chiedono Lega e sindacati.

E c’è pure il rischio che non ci saranno soldi per tutti. In questo senso, i sindacati tornano a parlare di contributo di solidarietà per i pensionati d’oro e d’argento. Ma soprattutto di limitare la rivalutazione delle rendite sopra un certo importo per destinare risorse ai redditi più bassi.

La perequazione automatica

Oggi la rivalutazione delle pensioni non avviene pienamente per tutti gli importi. Le fasce di reddito alto beneficiano di aumenti parziali, cosa che però non incide molto sulla spesa statale. Tuttavia i tecnici di governo stanno già studiando due soluzioni per mitigare l’impatto dei costi.

La prima sarebbe quella di concedere l’aumento in maniera graduale durante l’anno. Quindi non tutto subito, ma a tranches periodiche di tre o quattro mesi in maniera tale da non impattare in maniera violenta a gennaio-febbraio sulle disponibilità di cassa del Tesoro.

La seconda, invece, verterebbe sulla probabilità di ridurre gli aumenti per chi percepisce più di 2.500 euro al mese. Rivedendo il meccanismo di perequazione che attualmente caratterizza le rivalutazioni delle pensioni

Ricordiamo che, in base alla legge vigente, la rivalutazione delle pensioni attualmente rispecchia il seguente schema:

  • 100% per le pensioni fino a tre volte il minimo (fino a 2.062 euro lordi);
  • 90% per le pensioni tra tre e cinque volte il minimo (fino a 2.577,90 euro);
  • 75% per gli assegni oltre cinque volte il minimo (importi lordi oltre 2.577,90 euro).

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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