Pensioni: i dipendenti pubblici prendono di più, nel 2023 circa 2.000 euro al mese

La pensione media dei dipendenti pubblici supera i 2.000 euro al mese, contro i 1.250 della media dei lavoratori del settore privato.
7 mesi fa
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pensioni dipendenti pubblici

Le pensioni dei dipendenti pubblici sono più alte di quelle di tutti gli altri lavoratori. E la tendenza non accenna a cambiare al punto che la rendita di un dipendente pubblico sfiora il doppio di quella di un lavoratore privato. Eppure non esiste un trattamento privilegiato o penalizzante, perché le regole di calcolo sono uguali per tutti.

Stando agli ultimi dati elaborati sulle pensioni dall’Inps, nel 2023 i dipendenti pubblici sono andati in pensione con un assegno medio lordo di 2.046 euro al mese.

Per i lavoratori del settore privato, compresi gli autonomi e gli appartenenti alla gestione separata Inps, la media è di 1.225 euro al mese. Dato che racchiude anche le pensioni minime e di invalidità che tendono ad abbassare la media. Ma tant’è, la differenza è sostanziale.

Le pensioni dei dipendenti pubblici sono più alte

Posto che le regole per il calcolo delle pensioni Inps sono uguali per tutti, vediamo perché quelle degli statali sono generalmente più alte. Innanzitutto bisogna premettere che l’ammontare della pensione dipende da due fattori: l’età anagrafica e il montante contributivo. Due aspetti fondamentali per determinare l’importo della rendita.

A parità di età anagrafica, però, si può notare che già esistono importanti differenze fra lavoratore pubblico e privato. Come mai? La differenza – spiegano gli esperti di previdenza – è riconducibile sostanzialmente alla carriera lavorativa. Per un dipendente pubblico è garantita al 99 per cento, mentre per il lavoratore privato no. In buona sostanza, il rischio occupazionale non esiste per il dipendente pubblico che può tranquillamente accumulare contributi fino alla fine della carriera.

Al contrario i lavoratori del settore privato, esposti al rischio d’impresa, si ritrovano sull’estratto contributivo buchi o delle pezze costituite da periodi di cassa integrazione, disoccupazione, riduzione orario di lavoro, ecc. Periodi brevi o lunghi che determinano il valore del montante contributivo e quindi la pensione futura.

Ecco quindi spiegato il perché, a parità di età anagrafica, la pensione dei dipendenti pubblici è maggiore.

Le uscite anticipate fanno la differenza

Quota 100 ha messo letteralmente a nudo questa differenza. Le pensioni anticipate erogate fino al 2021 al compimento di 62 anni con almeno 38 di contributi ha registrato più richieste da parte degli statali che dei lavoratori privati. Il che ha fatto salire la media dell’importo delle rendite pagate dall’Inps.

Il motivo è sempre quello legato al possesso dei requisiti per la pensione. I dipendenti pubblici hanno avuto più chances di quelli privati, potendo vantare una carriera piena e continuativa, di raggiungere più facilmente la soglia minima dei 38 anni di contribuzione. Più di un terzo dei beneficiari su quasi 500 mila pensionamenti è infatti arrivato dal settore pubblico.

E’ quindi confermato che le pensioni dei dipendenti pubblici sono più alte, ma solo perché il posto di lavoro è più sicuro e garantito. E lo saranno anche in futuro, nonostante il sistema di calcolo contributivo tenda a ridurne l’importo per tutti. E questo lo si può notare anche dai contratti di lavoro e dai rinnovi periodici. Nella P.A. sono previsti aumenti migliori rispetto alla contrattazione del settore privato. Il che incide, ovviamente, sul prelievo contributivo e quindi sulla pensione futura che sarà calcolata esclusivamente su quanto versato.

Riassumendo…

  • La pensione media dei dipendenti pubblici supera i 2.000 euro al mese.
  • Nel settore privato l’importo medio delle pensioni è di 1.225 euro.
  • La carriera degli statali è più garantita rispetto a quella dei lavoratori dipendenti privati e autonomi

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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