Non ci sono soldi per riformare le pensioni, e i governi italiani sembrano avere sempre meno margini di manovra per la soluzione di un problema che si sta aggravando sempre più. Scelte politiche sbagliate del passato, pressioni sindacali e, in ultimo, il problema della denatalità minacciano seriamente la tenuta del sistema.
Come se non bastasse, c’è oggi anche l’inflazione e l’immigrazione dirompente che obbliga lo Stato a spendere sempre più soldi per assistere la popolazione e le rendite.
Pensioni: nessuna riforma con questi numeri
Così non c’è da meravigliarsi se al meeting di Rimini il Ministro del Lavoro Giancarlo Giorgetti ha affermato che “non c’è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo paese”. Parole sante che nessuno avrebbe mai voluto pronunciare, ma è la realtà.
Che fare allora? Siamo a settembre, a pochi mesi dall’approvazione della manovra finanziaria per il 2024 che varrà circa 30 miliardi di euro. Un terzo dei quali sarà assorbito dalla perequazione automatica delle pensioni e per il resto le risorse saranno destinate ad abbassare il cuneo fiscale, alla riforma del fisco e agli interventi a sostegno dei redditi familiari bassi.
E’ del tutto evidente che non ci sono risorse per affrontare una riforma seria delle pensioni. Si tirerà avanti come abbiamo fatto finora, con qualche ritocco qua e là. Va già bene se Quota 103 sarà prorogata di altri 12 mesi, ma è solo un’ipotesi. Anche Opzione Donna è sulla via del tramonto, ormai ridotta a una deroga per poche elette dopo le restrizioni introdotte lo scorso anno.
La soluzione proposta dall’Inps
Per il resto, forse saranno estesi a più lavoratori i benefici previsti da Ape Sociale per i gravosi.
Sullo sfondo resterebbe ancora la possibilità di riforma pensioni del presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Cioè la pensione in due tranches per i lavoratori che ricadono nel sistema retributivo e contributivo (misto). L’idea sarebbe quella di aprire le porte della pensione già a 63-64 anni a tutti con la liquidazione della sola rendita contributiva, calcolata sul montante accumulato dal 1996 a oggi. Mentre la parte restante sarebbe liquidata al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia (a 67 anni) col sistema retributivo.
Con questo sistema si concederebbe un anticipo di circa due terzi della pensione e costerebbe relativamente poco per lo Stato. Oltretutto si tratterebbe di una scelta e non di un obbligo da parte del lavoratore che potrebbe anche proseguire l’attività lavorativa fino alla liquidazione definitiva della pensione.
Un progetto, quello dell’Inps, che pare sia stato accantonato e non più portato in discussione al tavolo delle trattative del Ministero del Lavoro. Anche perché, come detto, mancano soldi e la priorità è quella di rivalutare le pensioni in pagamento nel 2024.
Riassumendo…
- Il vero problema delle pensioni in Italia è legato alla denatalità.
- Nessuna riforma all’orizzonte per il 2024, mancano i soldi.
- La priorità è quella di rivalutare le pensioni in pagamento.
- La soluzione ideale di riforma sarebbe quella proposta dall’Inps pe runa pensione in due tranches.