Una singolare notizia legata alle pensioni. E’ illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati ai domiciliari. Lo stabilisce la Corte Costituzionale con la sentenza n. 137 depositata il 2 luglio 2021.
La Corte Costituzionale ritiene irragionevole che lo Stato, da una parte, valuti un soggetto meritevole di detenzione domiciliare e, dall’altra, lo privi dei mezzi per vivere ottenibili esclusivamente dalle prestazioni assistenziali.
A chi sta scontando la detenzione domiciliare (alternativa alla reclusione in carcere) non possono essere revocate le prestazioni assistenziali basate su uno stato di bisogno.
Pensioni: illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali per chi sconta la detenzione domiciliare
La Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi dal Tribunale di Fermo.
La Corte ha dichiarato l’illegittima costituzione di un passaggio della legge n. 92/2012. Il comma 58 dell’art. 2 della Legge 92/2012 dispone la revoca delle prestazioni assistenziali basate sullo stato di bisogno ai condannati per reati di mafia o terrorismo che stanno scontando la detenzione domiciliare.
Per i reati più gravi (previsti dagli artt. 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale), il comma 58 prevede che il giudice disponga la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni previdenziali di cui il condannato è titolare:
– assegno sociale;
– indennità di disoccupazione;
– pensione sociale;
– pensione per gli invalidi civili.
Il comma 61 prevede che tale revoca venga disposta dall’ente erogatore nei confronti dei condannati con sentenza passata in giudicato all’entrata in vigore della legge 92/2012.
Le motivazioni della Corte Costituzionale
Nonostante i reati commessi, il legislatore non può mettere in pericolo la sopravvivenza del condannato. Privarlo del minimo vitale viola i principi costituzionali (artt. 2, 3 e 38 Cost.), che sono la base del diritto all’assistenza. Lo Stato deve assicurare i mezzi necessari per vivere a chi sconta la pena in regime alternativo al carcere, soprattutto in caso di età avanzata, condizioni precarie di salute del condannato e di una sua eventuale collaborazione con la giustizia.
La revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati ai domiciliari viola il principio di ragionevolezza in quanto, da una parte, l’ordinamento ritiene un soggetto meritevole di accedere alla detenzione domiciliare e, dall’altra, lo priva dei mezzi per vivere ottenibili soltanto con le stesse prestazioni assistenziali.