Le pensioni così come le abbiamo conosciute finora spariranno. Lo Stato, anche di fronte alla crisi sanitaria in corso, non sarà più in grado di sostenere la spesa previdenziale.
Un concetto conosciuto da tempo, ma ora più che mai evidenziato ancor di più dalla crisi economica del Paese che lascerà tracce profonde nel welfare. In altre parole, servirà una profonda rivisitazione del sistema pensionistico pubblico-privato per il futuro.
Inevitabili saranno i tagli alla spesa delle pensioni e quindi agli assegni futuri.
Per ottenere una pensione in grado di garantire un minimo di sussistenza in futuro bisognerà quindi affidarsi a forme integrative private. Cosa che all’estero già si fa da tempo, mentre in Italia si è arrivati tardi. La pensione integrativa diventerà quindi necessaria in futuro, mentre lo Stato garantirà solo il minimo vitale.
Solo 1 italiano su 4 pensa alla pensione integrativa
Sul punto, i dati Ocse confermano che chi entra oggi nel mondo del lavoro passerà il 33,6% della propria vita in pensione. Ad oggi solo il 35% dei lavoratori dipendenti ha deciso di destinare il proprio Tfr a una forma di previdenza integrativa.
Complessivamente, solo 23 italiani su 100 stanno versando in previdenza integrativa, ossia solo 1 italiano su 4 sta pensando al proprio futuro pensionistico. Tra l’altro, a fine 2019, si registrano oltre 2 milioni (2.179.285) di silenti, ossia persone che hanno un fondo pensione ma che hanno smesso di versare.
I fondi pensione integrativi
Serve quindi un nuovo welfare integrato supportato da incentivi fiscali e contributivi. E’ quanto ha proposto Maria Bianca Farina, presidente dell’Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici (Ania) all’incontro di Deutsche Bank e Università Bocconi sul tema “Gli Stati Generali delle Pensioni; Covid shock, debito pensionistico e debito pubblico”.
“Imprescindibile per favorire un ulteriore sviluppo della previdenza complementare in Italia è un trattamento fiscale più appropriato. Una prima misura meritoria sarebbe quella di eliminare la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, senza ovviamente spostare il carico sulle prestazioni finali. Ciò costituisce un significativo incentivo ad aderire prima possibile, quindi a favore dei giovani“, ha proseguito.
Una gestione flessibile nel tempo
Secondo Farina, “si potrebbe poi immaginare una flessibilità nel tempo, consentendo agli iscritti di versare oltre il massimale deducibile se il beneficio fiscale non sia stato sfruttato appieno nella prima parte della carriera lavorativa. O ancora, incentivare fiscalmente genitori e nonni a finanziare la pensione complementare di figli e nipoti, anche se non a carico, in un passaggio generazionale“, come un tempo si era soliti fare con i libretti di risparmio.
La leva fiscale può anche favorire una maggiore integrazione tra le diverse aree del welfare. Per esempio – ha suggerito l’Ania – si potrebbe immaginare un plafond complessivo superiore alla somma dei diversi plafond oggi esistenti per la previdenza. La sanità integrativa, le coperture sulle malattie di lunga durata e la perdita di autonomia, se si aderisce a tutti i sistemi integrativi. In ogni caso, sarebbe utile consentire a una persona di cumulare l’importo di diversi plafond, se decide di concentrare i propri risparmi su alcune prestazioni.
La nuova frontiere del welfare comincia adesso
“Siamo convinti che la nuova frontiera del welfare complementare sia proprio in una più efficiente integrazione tra la previdenza, la sanità e l’assistenza, in modo che il supporto ai sistemi pubblici non sia solo per sostenere le pensioni ma anche per coprire i bisogni in caso di problemi di salute, favorire la prevenzione, gestire le lungodegenze o la perdita di autosufficienza“, ha sottolineato.
In conclusione, è evidente l’esigenza di promuovere un sistema misto pubblico-privato. Un sistema che, nel rispetto delle reciproche peculiarità e con un fisco adeguatamente rivisto, garantisca una sostenibilità di lungo termine del nostro sistema di welfare.
Questo sistema misto è necessario per dare risposte adeguate ai bisogni derivanti dall’invecchiamento della popolazione e, indirettamente, per canalizzare il risparmio nel circolo virtuoso degli investimenti di lungo termine. Investimenti indispensabili per digitalizzare e ammodernare il Paese e per investire nella transizione green.