Pensioni integrative a rischio. I rendimenti dei fondi hanno subito un forte contraccolpo a causa dell’emergenza sanitaria facendo preoccupare migliaia di lavoratori.
Nel primo trimestre del 2020, causa crollo dei mercati finanziari, i rendimenti dei fondi delle pensioni complementari sono passati in territorio negativo. Risultato che potrebbe essere temporaneo, ma che non mancherà di incidere sulla pensione integrativa quando sarà il momento di ritirarsi dal lavoro.
Fondi pensione in perdita nel primo trimestre
Lo sottolinea la Covip nella rilevazione sulla previdenza complementare riferita al primo trimestre, periodo in cui i rendimenti medi sono stati in generale negativi.
Rendimenti positivi solo nel lungo periodo
Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, l’impatto della crisi appare più limitato. Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8 per i fondi aperti e per i Pip di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del Tfr è stata pari al 2%. Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi tre mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti e al 2,4 per i Pip di ramo III; restano pari al 2,5% i prodotti di ramo I. La rivalutazione del Tfr nello stesso periodo si conferma al 2%.
I dati di fine marzo 2020
Alla fine di marzo 2020 il numero di posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari è di 9,185 milioni; la crescita nel primo trimestre, 68.000 unità (0,7%), è stata limitata rispetto ai trimestri precedenti.
In calo il patrimonio dei fondi
Le risorse destinate alle prestazioni a fine marzo 2020 sono pari a circa 180 miliardi di euro; peraltro il dato non tiene conto delle variazioni nel trimestre dei fondi preesistenti e dei Pip “vecchi”. Il patrimonio dei fondi negoziali, 53,7 miliardi di euro, risulta in diminuzione del 4,3% rispetto a fine 2019. Nei fondi aperti sono accumulati 21,6 miliardi di euro, 35 miliardi nei Pip “nuovi”; nel primo trimestre, la flessione è stata, rispettivamente, del 5,7 e dell’1,4%. Per tutte le forme, il calo delle risorse nel trimestre è spiegato in massima parte dalle perdite in conto capitale a fronte di una sostanziale stabilità dei contributi rispetto al passato. La più contenuta flessione nel caso dei Pip “nuovi” è riconducibile alla valutazione delle attività in base al metodo del costo storico che viene utilizzata per le gestioni di ramo I, che costituiscono la maggior parte del settore.