Pensioni, inutile cambiare quota: Draghi conferma questa direzione della riforma. Non si torna indietro

Anche con Draghi dimissionario, la riforma pensioni seguirà una traccia già definita. Cosa ci aspetta dalla revisione del costoso e iniquo sistema pensionistico italiano.
2 anni fa
1 minuto di lettura
pensioni
bonus-110

La riforma pensioni è tracciata. Anche se il governo Draghi è arrivato al capolinea e probabilmente si andrà a elezioni anticipate, il sistema pensionistico è destinato a cambiare. Per questione di numeri, ma anche di bilancio.

La spesa pensionistica, secondo gli ultimi dati Inps, ha toccato il record di 312 miliardi di euro nel 2021. Ed è in progressivo aumento. Cifra sostenibile solo con una robusta crescita economica di cui il nostro Paese difetta da anni.

La riforma pensioni tracciata da Draghi

Pertanto, quello che serve in Italia per rendere sostenibile finanziariamente la spesa previdenziale sono due cose: la crescita e la revisione del metodo di calcolo della pensione.

Per dirla col le parole del premier:

“serve una riforma pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo”.

Non ci sono altri spazi di manovra. Col la fine di Quota 100 è necessario che si abbandoni il sistema delle quote e si volga maggiore attenzione alla flessibilità in uscita. Dando la possibilità di andare prima in pensione a chi fa mestieri usuranti, a chi lavora di notte, a chi sta sui cantieri, a chi è socialmente debole.

Un quadro che non fa una piega e che risulta già dipinto, in sordina, lo scorso anno quando è stata ampliato l’accesso alla pensione tramite Ape Sociale. Sono stati infatti inclusi più lavoratori usuranti, a cominciare dagli insegnanti delle scuole primarie.

Parola d’ordine: anticipare il sistema contributivo

Posto, quindi, che le pensioni costano troppo e che fino al 2035 la spesa è destinata a crescere, cosa fare? L’unica soluzione che Draghi ha perseguito è quella di una riforma improntata sull’accelerazione della liquidazione col sistema contributivo.

Un meccanismo premiante sul piano dell’età, ma penalizzante su quello della rendita. Come avviene per Opzione Donna dove le lavoratrici decidono, su base volontaria, di anticipare l’uscita a 58-59 anni in cambio di un ricalcolo contributivo della loro pensione.

Allo scopo si è presa in considerazione l’uscita a 64 anni per tutti con questo sistema. Ma anche l’idea avanzata dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico per una pensione in due tranches con prima liquidazione a 63-64 anni dell’assegno a valere sulla parte contributiva versata. E solo al raggiungimento dei 67 anni, la liquidazione della restante parte retributiva.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

Lascia un commento

Your email address will not be published.

reddito di cittadinanza
Articolo precedente

Il reddito di cittadinanza non può essere cancellato con referendum (almeno fino al 2025): la bugia di Renzi

reddito di cittadinanza
Articolo seguente

Draghi salva il reddito di cittadinanza ma solo se funziona