Pensioni, nel DEF la prova, il governo manda in pensione prima i nati nel 1960

Dal DEF la notizia tra le righe che molti aspettavano, il governo mette i preventivo di cancellare l'aumento dei requisiti pensione.
1 settimana fa
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Oggi si parla quasi esclusivamente di dazi, guerre, di geopolitica e di economia mondiale a partire dalle Borse. Di argomenti di casa nostra, poco e niente. Eppure in Italia la sanità, l’istruzione, la sicurezza, i migranti e le pensioni, sono tutti argomenti che interessano la collettività.

Non sarà per questo che la gente si allontana dalla politica come dimostra la scarsa affluenza alle votazioni a 360 gradi. Ma per esempio in questi giorni è stato approvato dalla maggioranza il Documento di Economia e Finanza, che è il Documento che in genere anticipa la legge di Bilancio di fine anno. Un documento che fissa le linee che segue in materia economica e finanziaria il governo.

E tra le righe del DEF una sorpresa positiva. Si possono dare quasi per definitivamente cancellate le polemiche riguardo ai 3 mesi di aumento dei requisiti di uscita dal mondo del lavoro nel 2027.

E per alcuni nati nel 1960 che rischiavano di dover lavorare 3 mesi in più per raggiungere la pensione di vecchiaia, ecco che il governo ha deciso di dare ascolto alle istanze della Lega, con la sterilizzazione dell’aumento. Che tradotto in termini pratici, significa che probabilmente i nati nel 1960 andranno in pensione prima, o meglio, ci andranno come ci vanno i nati nel 1958 oggi, ovvero a 67 anni di età.

Pensioni, nel DEF la prova, il governo manda in pensione prima i nati nel 1960

La questione è risaputa. Le pensioni ogni biennio si devono adeguare come requisiti, alle aspettative di vita della popolazione. Come avviene anche per le regole di calcolo delle pensioni contributive, che ogni due anni vedono gli aggiornamenti dei coefficienti di trasformazione (migliori se cala la vita media degli italiani, peggiori se capita il contrario), così avviene per i requisiti.

Se la vita media degli italiani sale, i requisiti per le pensioni peggiorano e viceversa se capita il contrario. Tutto come stabilito dalla legge Fornero. Il motivo è semplice. Se gli italiani a partire dai 65 anni di età vivono di più, “rischiano” di prendere una pensione per più tempo e quindi di gravare di più sulle casse dell’INPS. Ecco quindi che si adoperano i tagli. Allontanando in avanti la pensione per i contribuenti, e allo stesso tempo, abbassando l’importo delle prestazioni pagate.

Pensioni e DEF, ecco la novità passata sotto traccia

Lo scorso anno la speranza di vita è crescita nuovamente e lo dimostra anche il fatto che i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione validi nel 2025 e nel 2026, sono peggiori rispetto a quelli del biennio 2023-2024. I requisiti per le pensioni invece è dal 2019 che non salgono.

Infatti anche per via della pandemia, la vita media della popolazione è retrocessa. E di conseguenza dal 2019, cioè da quando ci fu l’aumento di 5 mesi sull’età pensionabile, ad oggi, i 67 anni di età sono rimasti quelli utili alla pensione di vecchiaia. Ma visto l’aumento di questi tempi, ecco che dal 2027 si paventava un aumento di 3 mesi.

Un aumento che secondo i dati dell’Istat è lecito. A 65 anni è di 7 mesi più lunga la stima di vita degli italiani.

Recuperati in toto i 4 mesi di vita media persi durante la pandemie, e quindi 3 mesi di crescita. Dati che pure la Ragioneria di Stato ha confermato. Ma che ha visto anche l’INPS anticipare tutti, con i simulatori predisposti dal primo gennaio, a calcolare come già fatto l’incremento di 3 mesi per le pensioni future di cittadini che interrogavano lo stesso simulatore.

La CGIL già a gennaio aveva gridato allo scandalo per quello che l’INPS aveva fatto e aveva criticato il governo per via di questi incrementi. Pochi giorni fa la Professoressa Elsa Fornero aveva rincarato la dose, assecondando un’altra polemica della CGIL. E parliamo del caso degli esodati, come li hanno chiamati sia la CGIL che la Fornero, per quanto riguarda chi ha lasciato il lavoro con gli scivoli aziendali e rischiava di finire nel 2027 con 3 mesi di assenza di stipendio e pensione.

Niente aumento di 3 mesi, dal 2027 ancora 67 anni di età, manca il decreto del MEF

Adesso probabilmente le polemiche si siederanno. Perché tra le righe del DEF, come si legge nel testo della sezione I della Relazione annuale sui progressi compiuti nel 2024, a pagina 56 ecco comparire la seguente frase: “il Governo sta attualmente valutando possibili soluzioni, consapevole della necessità di preservare, salvaguardando la sostenibilità della finanza pubblica, il potere di acquisto delle famiglie e la competitività delle imprese, di finanziare le voci di spesa maggiormente favorevoli alla crescita, al benessere economico e sociale e alla tutela, anche attraverso meccanismi correttivi delle tendenze demografiche dei soggetti in difficoltà nel mercato del lavoro”.

Soggetti in difficoltà nel mercato del lavoro da salvaguardare con meccanismi correttivi delle tendenze demografiche. Questa la frase che lascia presagire come a bilancio in quanto a spesa, ci saranno i fondi per detonare il pericolo dei 3 mesi di aumento dell’età pensionabile dal 2027. Confermate quindi le promesse del Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti e del sottosegretario Claudio Durigon che avevano parlato di sterilizzazione dell’aumento.
Adesso però bisogna passare ai fatti, perché quanto scritto nel DEF è solo una previsione.

Infatti come più volte abbiamo ribadito, per bloccare ciò che dovrebbe scattare in automatico ogni biennio, ovvero gli adeguamenti dei requisiti per le pensioni, serve un decreto del MEF da varare entro la fine del 2025.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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