Andare in pensione con le quote non funziona. Se Quota 100 è stato un flop, Quota 102 rischia di essere un disastro. Sono solo 3.800 le domande ricevute dall’Inps nei primi cinque mesi dell’anno su un potenziale molto più alto.
Qualcosa non funziona e la pensione anticipata evidentemente non attira come dovrebbe. Tutti che si lamentano, ma poi, a conti fatti, si preferisce posticipare l’uscita. Questione di soldi, come sempre.
Andare in pensione con Quota 102 non conviene a tutti
Lasciare il lavoro a 64 anni con almeno 38 di contributi non conviene a tutti.
Come mai questa disaffezione verso Quota 102? Stando ai calcoli, solo i nati nel 1958 e con 38 anni di contributi traggono pieno vantaggio da Quota 102. Chi è nato dopo non raggiunge l’età anagrafica quest’anno. Mentre chi è nato prima si trova a un passo dalla pensione ordinaria a 67 anni, quindi aspetta.
Insomma, conviene fare bene alcuni calcoli prima di valutare se andare in pensione con quota 102 conviene oppure no. La domanda che a questo punto ci si pone è: lavorare ancora un po’ oppure andarsene e prendere la pensione?
Quanto costa anticipare l’uscita
La regola da tenere ben presente è che più si ritarda la pensione, maggiore è la rendita. Detto questo, facciamo due conti e vediamo quanto si perde ad anticipare l’uscita di 3 anni per i nati nel 1958.
Prendiamo un lavoratore che ha accumulato per 38 anni un montante contributivo di 200 mila euro e va in pensione a 64 anni di età con il sistema di calcolo misto. Per semplicità teniamo ferma la quota pensione derivante dal calcolo retributivo per i contributi versati prima del 1996.
A conti fatti, il coefficiente di trasformazione che è applicato sul monte contributivo per 64 anni di età è pari al 5,06%.
Andare in pensione con Quota 102, quindi, significa, nel caso limite di un lavoratore classe 1958, a rinunciare a circa 85 euro al mese di rendita. Ovviamente se il lavoratore in questione è classe 1957 subirebbe una penalizzazione inferiore. E così via per coloro che sono nati nel 1956.