Crollano le probabilità di riforma pensioni con Quota 41. Il cavallo di battaglia della Lega si è azzoppato dinnanzi al risultato delle recenti consultazioni politiche che vede il Carroccio in netto arretramento rispetto ai sondaggi della vigilia.
Non è una sconfitta, perché la Lega va comunque al governo con tutto il centro destra che ha vinto le elezioni. Ma quanto potrà contare la proposta di riforma del leader promotore Matteo Salvini alla luce dei risultati del suo partito? Ma soprattutto, si riuscirà a introdurre Quota 41 nell’ordinamento previdenziale?
Pensioni, tramonta la speranza per Quota 41
La risposta è ovviamente “no”.
Già, perché Quota 41 costerebbe allo Stato 18 miliardi di euro, fino al 2025. Il che è irrealizzabile per questioni tecniche. Ma, in particolare, non produrrebbe quei vantaggi tanto decantati dalla Lega. Come fu per Quota 100 che lungi dal creare occupazione, ha solo contribuito ad appesantire i conti pubblici.
In ogni caso, Quota v41 sarebbe una riforma irrealizzabile quest’anno. In programma c’è da rivalutare 16 milioni di pensione dal 2023 per via dell’inflazione e lo Stato deve già mettere in conto una spesa di 25 miliardi di euro, secondo quanto calcolato dalla Ragioneria Generale.
Quota 41 rischia di rimanere anche un progetto di riforma inutile. Andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi sociali. Già oggi si può uscire dal lavoro 1-2 anni e 10 mesi più tardi, come previsto dalle regole Fornero.
Pochi benefici sociali
Del resto, non è con le uscite anticipate di 1-2 anni che si possono liberare posti di lavoro.
E se non ha funzionato Quota 100 e, in misura ancora minore Quota 102, come possiamo pensare che possa andare bene con Quota 41? Quindi da questo punto di vista è bene dire le cose come stanno basandosi su dati concreti.
E poi – diciamocelo chiaramente – il settore privato già provvede ad assumere giovani lavoratori in cambio di prepensionamenti. Grazie ai contratti di espansione, le aziende mandano a casa i lavoratori a 62 anni. Le banche anche a 60 con i contratti di solidarietà.