Sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza si gioca una partita delicata per il governo che verrà. Entrambi i fronti sono caldi e rappresentano una fonte di indebitamento difficilmente sostenibile nel tempo.
Per le pensioni ci si sta ormai rassegnando a un inesorabile ritorno integrale alle regole Fornero. Salvo alcune deroghe ancora tutte da confermare. Mentre Quota 102 è destinata a terminare a dicembre. Per il reddito di cittadinanza, invece, si pensa a un ridimensionamento a favore solo dei più bisognosi.
Pensioni e riforme a metà, cosa c’è da fare
Sulle pensioni restano però anche dei nodi spinosi ancora da sciogliere.
Ricordiamo che, in base a quanto approvato lo scorso anno, oggi si può andare in pensione anticipata a partire da 62 anni per i dipendenti delle aziende in crisi. Pmi con un numero di addetti compresi fra 15 e 250.
Nello specifico, il personale dipendente può andare in pensione se ha compiuto almeno 62 anni di età al momento della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Lo Stato riconoscerà il 90% dell’importo spettante della pensione maturanda in base al requisito della “vecchiaia” o anticipata.
Per poter ottenere l’anticipo pensionistico è, però, necessario che l’azienda versi in stato di crisi e che i lavoratori firmino l’accordo coi sindacati per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Lo stato di crisi dovrà essere verificato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Inps.
Reddito di cittadinanza e controlli
Altro capitolo in sospeso, oltre a quello delle pensioni, riguarda il piano di verifica dei requisiti patrimoniali dei percettori di reddito di cittadinanza.
Come noto, fra i beneficiari del reddito di cittadinanza, ci sono anche molti stranieri residenti in Italia. I quali spesso dichiarano di non possedere nulla in madre patria, anche si tratta di Paesi con i quali esiste lo scambio diretto di informazioni fiscali.
In assenza di specifiche disposizioni governative, l’Agenzia delle Entrate non può avvalersi di strumenti specifici di controllo e verifica delle dichiarazioni. Così è presumibile che molti stranieri, con beni patrimoniali all’estero, continuino a percepire il RdC in Italia.