Chissà se la riforma pensioni resterà solo una propaganda elettorale. Solo promesse, solo soluzioni sulla carta. Ma nella pratica ancora nulla di fatto.
La strigliata arriva dai sindacati.
Ormai il tavolo tecnico è fermo allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina. A ciò si è aggiunta la crisi del nostro governo. Con il premier Draghi dimissionario e con il Presidente Mattarella che ha dovuto sciogliere anticipatamente le Camere, la riforma del sistema pensionistico italiano è ancora in stallo.
Difficilmente cambierà qualcosa da qui a fine anno.
Il risultato?
Salvo miracoli, è difficile che si farà questa riforma. Anche se in realtà il vero motivo per il quale la revisione del sistema pensioni non si farà adesso (e nemmeno a breve) è un altro.
Riforma pensioni, ecco perché è a rischio
La campagna elettorale dei partiti entra nel vivo. Sul tema pensioni, diverse sono le proposte. C’è chi spinge per Quota 41 per tutti (Lega e Fratelli d’Italia). Chi promette pensioni minime a 1.000 euro al mese (Forza Italia) e chi punta sull’Ape social e Opzione donna (Partito Democratico).
La realtà, invece, è ben altra. Il tempo stringe e la situazione in cui versa attualmente il nostro Paese porta con se il serio rischio che al 1° gennaio 2023 ci sia nuovamente la Fornero (pensione a 67 anni).
Per i sindacati il vero motivo per cui si rimanda sempre la riforma pensioni è tutt’altro.
La mancanza di lavoro nelle nuove generazioni.
Infatti, il sistema pensionistico italiano come noto è “a ripartizione”, nel senso che le pensioni di oggi vengono pagate anche dai lavoratori attivi e dal versamento dei loro contributi.
Senza lavoro stabile e retribuito il giusto, senza il versamento di contributi adeguati, nessuna riforma delle pensioni potrà evitare un futuro previdenziale povero alle giovani generazioni.
Queste le parole del segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari (comunicato Cigil).