La crescita del PIL quest’anno sfiorerebbe il 6% o arriverebbe a superare tale percentuale. Eppure, i BTp restano tonici sul mercato, con il rendimento a 10 anni allo 0,70% e lo spread con il Bund omologo della Germania a 103 punti base nel pomeriggio di ieri. Siamo abituati a ragionare sul fatto che la crescita economica sia nemica dei titoli di stato. In genere, è proprio così. E per due ragioni specifiche: in primis, perché un periodo espansivo sostiene la propensione al rischio e devia gli investimenti dal comparto a reddito fisso a favore principalmente di quello azionario.
E l’inflazione è una variabile fondamentale che chi investe sui mercati deve tenere in assoluta considerazione. Se un bond esita un rendimento del 2%, una cosa è che l’inflazione sia praticamente azzerata, un’altra che viaggi al 5%. Più alta l’inflazione, più alti i rendimenti nominali pretesi dal mercato. Viceversa, i prezzi obbligazionari tendono a cedere. Ma i BTp non stanno scontando alcuna accelerazione duratura dell’inflazione italiana. Il BTp Italia 2026 offriva ieri il -0,96%, a fronte dello 0,01% del BTp ordinario a 5 anni. Lo spread dello 0,97% segnala un’inflazione attesa nel quinquennio ancora in area 1%.
Anche la BCE aiuta i BTp
Per i titoli di stato italiani, lo scenario migliore: crescita senza inflazione. Non dimentichiamo che essi risultano da un decennio sotto osservazione dei mercati per via dell’altissimo debito pubblico dell’Italia. Dunque, la crescita più che a far propendere per il rischio, contiene i timori degli investitori sulla sostenibilità del nostro debito.
Infine, c’è la BCE. Al board di giovedì scorso, ha annunciato un rallentamento “moderato” degli acquisti settimanali di bond con il PEPP. Il mercato ne ha dedotto che la politica monetaria nell’Eurozona resterà molto espansiva ancora a lungo.