La riforma pensioni con Quota 41 caldeggiata dalla Lega ha poche possibilità di successo. Questione di costi, troppo elevati, ma anche di convenienza sociale.
Al punto che Cesare Damiano, esperto di previdenza ed ex ministro del Lavoro, ha bocciato di netto la riforma. Impropriamente chiamata Quota 41, essa prevede il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica.
La riforma pensioni con Quota 41
Dal punto di vista finanziario, Quota 41 costerebbe alle casse dello Stato 18 miliardi di euro, fino al 2025. Il che è francamente irrealizzabile, anche perché il premier Mario Draghi ha già messo il veto su qualsiasi riforma pensioni che non sia finanziariamente sostenibile.
Quota 41, quindi, come vorrebbero i sindacati e come propone la Lega rischia di rimanere un sogno nel cassetto e uno slogan elettorale. Non si farebbe in tempo a farla entro fine anno. Oltretutto andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi sociali. Già oggi si può uscire dal lavoro con 1-2 anni e 10 mesi in più, come previsto dalle regole Fornero.
Il nodo dei costi
Quota 41 pare quindi solo uno slogan elettorale della Lega e un punto fermo dei sindacati per avere una posizione in vista delle elezioni. Entrambe le parti sanno benissimo che non è realizzabile e non porterebbe, né alla creazione di nuovi posti di lavoro né a benefici economici per il bilancio pubblico. L’ultimo rapporto sulla previdenza della Ragioneria Generale dello Stato evidenzia che gli interventi di riforma delle pensioni varati dal 2004 hanno
“generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil pari a circa 60 punti percentuali cumulati al 2060. Un terzo è dovuto agli interventi previsti con la riforma pensioni del 2011”.
Difficile immaginare che, fatta tutta questa strada per contenere l’esplosione della spesa pensionistica, il prossimo governo, di qualunque colore sia, possa compromettere la tenuta dei conti italiani.
Le deroghe dopo il 2012, come Quota 100, Opzione Donna e Ape Sociale, hanno determinato un ampliamento della spesa e una retrocessione nel percorso di consolidamento dell’età pensionabile in relazione alle aspettative di vita. Quindi ulteriori deroghe alla riforma Fornero, come Quota 41, avrebbero effetti contabili da non sottovalutare.