Al termine di un Consiglio dei ministri tesissimo e che stava portando la maggioranza “giallo-rossa” alla rottura insanabile, il governo Conte ha trovato un’intesa al suo interno, recepita integralmente da Aspi, la società concessionaria di gran parte della rete autostradale italiana. Essa è finalizzata ad evitare la revoca delle concessioni, un’ipotesi che avrebbe fatto male ad entrambe le parti: ad Autostrade per l’Italia, per la perdita del suo business; allo stato italiano, per l’elevatissimo indennizzo (circa 20 miliardi di euro) che sarebbe stato costretto a corrispondere alla società.
Atlantia crolla in borsa, il governo rischia l’accusa di aggiotaggio
Questi sono in sintesi i punti salienti dell’accordo: Atlantia, che detiene l’88% di Aspi e che a sua volta è controllata dalla famiglia Benetton per il 30% tramite la holding Edizione, scenderà nel capitale della controllata a circa il 10-12% e a favore di Cassa depositi e prestiti, il cui ingresso avverrà tramite un aumento riservato. Contestualmente, la famiglia Benetton non sarà più presente nel consiglio di amministrazione di Aspi e quando questa verrà quotata in borsa, la quota di Atlantia si diluirà ulteriormente.
Nel frattempo, Aspi rinuncerà a ogni azione legale verso lo stato e l’authority, così come, a transazione completata, lo stato rinuncerà a procedere alla revoca delle concessioni. Infine, Aspi accetta la riduzione dei pedaggi autostradali e si farà carico del pagamento di 3,4 miliardi di euro per risarcire lo stato e le vittime della tragedia del ponte Morandi del 14 agosto 2018 a Genova.
L’affare dei Benetton
Secondo il governo Conte, Aspi diventerà una “public company”, vale a dire una società ad azionariato diffuso. Gli ingressi nel suo capitale saranno di soggetti graditi alla CDP, che dovrebbe salire al 51%. Di fatto, Autostrade per l’Italia verrà nazionalizzata, con soggetti istituzionali e individuali a detenere solamente una quota di minoranza.
Ponte Morandi e revoca concessioni Atlantia, una storia fin troppo italiana
Atlantia progressivamente perderà il controllo di Aspi, anche se i tempi non si preannunciano affatto brevi. E il fattore temporale si rivelerà determinante, in quanto l’eventuale caduta di questo governo nei prossimi mesi rimescolerebbe le carte. Ad oggi, solo il Movimento 5 Stelle si è speso per una linea oltranzista pro-revoca, mentre PD e Italia Viva sono per la prudenza e le stesse opposizioni vorrebbero che si rispettassero i termini delle concessioni per addivenire a una soluzione che non comporti aggravi a carico dello stato.
Ma c’è di più. Il fatto che Atlantia perda Aspi le consente per contro di non rimanere invischiata in cause per maxi-risarcimenti, mentre potrà liberarsi pian piano delle quote, cedendole alla stessa CDP e ad altri soggetti privati, finendo per incassare una fortuna plurimiliardaria, che verosimilmente utilizzerà per investire altrove, in Italia o all’estero. Vero, Aspi è stata una gallina dalle uova d’oro per i Benetton e nei fatti il mercato ha scontato il venir meno di questo scenario roseo, tant’è che le azioni Atlantia hanno perso circa il 45% dalla tragedia. Il rimbalzo di ieri, però, fa intendere che almeno sarebbe stato evitato lo scenario più temuto, quello della revoca con annesse sanzioni.
La quotazione in borsa di Aspi
“Giallo”, invece, sul comunicato di Luigi Di Maio, ex portavoce M5S e attuale ministro degli Esteri, il quale nel commentare la notizia ha voluto chiarire che quando Aspi sarà quotata in borsa, il governo dovrà fare di tutto per evitare che la società operi secondo “logiche di mercato”. Ma una società con capitali anche solo parzialmente in mano ai privati ha il dovere di operare secondo principi di mercato e adombrare uno scenario diverso significa minare al successo dell’operazione, perché nessuno vorrebbe mai entrare in affari con un azionista di maggioranza (lo stato), che sbandiera ai quattro venti di non volere rispettare i principi del mercato, cioè che il perseguimento del massimo profitto non rientri tra i suoi obiettivi.
Non è pensabile che la telenovela sia finita. Ci saranno altri colpi di scena e tanti nodi da sciogliere, tra cui quello delle modalità con cui i Benetton usciranno gradualmente di scena, diluendosi nel capitale. Se vendessero parte delle loro quote allo stato, l’imbarazzo politico monterebbe, perché a quel punto le opposizioni avrebbero buon gioco nell’affermare che i contribuenti starebbero risarcendo la famiglia di Ponzano Veneto e non viceversa. Quest’anno, il titolo Atlantia perde quasi il 30%, il doppio dell’Ftse Mib, ma tenete conto che la minore mobilità per via dell’emergenza Covid-19 ha impattato particolarmente sul business delle autostrade. Detto questo, una ulteriore risalita delle azioni resta possibile anche dopo il boom di ieri. I Benetton escono tutt’altro che sconfitti.