Il Brasile risulta il secondo stato al mondo per numero di contagi dopo gli USA e si appresta a toccare i 100.000 morti per Covid-19. Eppure, sul piano strettamente valutario il peggio sarebbe passato. Un sondaggio realizzato da Reuters ha trovato che il cambio tra dollaro e real si rafforzerebbe a 5,20 entro un mese e a 4,85 entro 12 mesi. Ieri, si attestava a 5,35, perdendo il 24% quest’anno. Anche gli analisti di Rabobank hanno migliorato le loro previsioni da un cambio di 5,45 contro il dollaro a uno di 5,25 per fine anno.
Il Brasile emette debito in dollari, la curva a lungo termine è piatta e rende bene
Se da un lato l’economia brasiliana sta risentendo negativamente dell’emergenza pandemia, dall’altro il calo delle importazioni ha portato la bilancia commerciale a segnare per il mese di luglio il surplus più alto di sempre con 8,06 miliardi di dollari. In tutto l’anno, l’avanzo sale sopra i 31 miliardi. Ad eccezione di gennaio, tutti i mesi si sono chiusi in attivo. E questo dato sprona a scommettere al rialzo sul real, grazie agli afflussi di dollari per via degli interscambi con l’estero.
Verso un rafforzamento del cambio?
Chi oggi acquistasse bond sovrani del Brasile in valuta locale, quindi, si ritroverebbe in futuro a guadagnare dall’effetto cambio favorevole. Il decennale ieri viaggiava in area 6,45% e il biennale al 3,42%. Margini per tagliare ulteriormente i tassi d’interesse senza impattare negativamente sul cambio non ve ne sarebbero più per la banca centrale, a meno che l’inflazione non torni ad arretrare nei prossimi mesi. A giugno, è risalita al 2,13%, poco sopra il 2% dei tassi fissati dall’istituto. Chissà che la stabilizzazione del cambio nelle ultime settimane non contribuisca a contenere l’inflazione, consentendo nei prossimi mesi al governatore di continuare ad abbassare il costo del denaro, sostenendo così sia l’economia domestica, sia il mercato obbligazionario.
Bolsonaro positivo al Covid, ma i bond del Brasile non risultano contagiati
Le stesse partite correnti inducono all’ottimismo, avendo chiuso in surplus per quattro mesi fino all’ultimo dato disponibile di giugno, dopo i -16,16 miliardi segnati nei primi due mesi dell’anno. Per contro, il debito pubblico era già alto prima del Covid, al 75% del pil. Adesso, tra deficit in crescita e recessione, punterebbe dritto al 90%. Troppo per un’economia emergente, che già spendeva il 5% del suo pil in interessi sul debito sovrano nel 2019.