In attesa che la BCE comunichi l’esito della sua quinta riunione del board per quest’anno, il rendimento dei BTp a 10 anni è sceso sotto l’1,50%, ai minimi dal 2016. Lo spread BTp-Bund decennale stringe anch’esso in area 185 punti base. Siamo ben lontani dai livelli di solo qualche mese fa, quando alla fine di maggio il bond a 10 anni offriva ancora il 2,70% e lo spread si aggirava sopra i 250 bp. Il mercato ha aspettative molto accomodanti sulle prossime mosse di politica monetaria nell’Eurozona e sconta così una forte riduzione dei rischi a carico del debito pubblico dell’Italia.
Perché la crisi nel governo per ora non scalda spread e rendimenti BTp
Per il Tesoro, il crollo dei rendimenti sono solo buone notizie. Nei primi due mesi dell’anno, il rendimento medio ponderato dei nostri BTp si aggirava intorno al 2% sul mercato secondario, stando al Rendistato della Banca d’Italia. A giugno, lo stesso indice scendeva all’1,69%, perdendo così circa 35 centesimi in pochi mesi. A regime, ciò implica risparmi a carico dei contribuenti per 7 miliardi all’anno, in forma di minori interessi. Parliamo di una prospettiva di lungo periodo, dato che la durata media residua dei nostri bond emessi risulta prossima ai 7 anni.
L’indicatore del BTp giugno 2025
Il BTp giugno 2025 e cedola 1,50% (ISIN: IT0005090318) coglie proprio l’andamento dei rendimenti medi ponderati di tutto il nostro debito sovrano negoziabile. Monitorando i suoi rendimenti nei primi sei mesi dell’anno, abbiamo trovato una corrispondenza praticamente perfetta con i dati del Rendistato.
Perché il BTp giugno 2025 di fatto esprime l’andamento generale del nostro mercato sovrano? Per la sua durata residua, esso costituisce attualmente il “benchmark” di riferimento per la scadenza a 6 anni, che coincide pressappoco anche con la durata residua media dello stock del debito pubblico. L’aspetto ancora più interessante sta nel fatto che oggi questo bond rende lo 0,91%, per cui se i suoi rendimenti nelle prossime settimane si attestassero intorno ai livelli attuali, i risparmi ottenibili per lo stato crescerebbero ulteriormente. Si tratta di benefici potenziali, perché i dati fanno riferimento ai BTp già emessi e negoziati sul secondario, in relazione ai quali i costi per il Tesoro restano fissati alle condizioni pattuite in fase di collocamento.
Tuttavia, i rendimenti alle aste si muovono in sostanziale linea con l’andamento sul secondario. La discrepanza tra Rendistato e costi effettivi sostenuti dallo stato sulle nuove emissioni, ove esistesse, sarebbe dovuta all’eventuale diversa durata residua media dei nuovi titoli rispetto a quelli già circolanti. Tagliando la testa al toro e utilizzando il Rendistato/rendimento del BTp giugno 2025 come proxy per il costo del debito, otteniamo che rispetto alle previsioni di spesa per gli interessi contenute nella legge di Stabilità per il 2020 e basate su uno spread medio nell’anno di 240 punti base, i risparmi sarebbero intensi.
Rendimenti BTp vicini al punto minimo, ma attenti alle variazioni brusche del mercato