La quotazione del rame è in caduta libera. Dopo aver raggiunto il picco a metà gennaio, a quota 6.300, l’ultimo valore riporta la quotazione di 5.595 dollari per tonnellata. In un mese, il rame ha perso più dell’8 per cento del suo valore. A influenzare in maniera negativa il mercato di una materia prima come il rame è il coronavirus, che alla giornata odierna ha mietuto 425 vittime (con 20.400 contagi). Oltre al rame, anche altre materie prime sono strettamente collegate alla forza (o debolezza, come in questo caso) della Cina, tra cui soia e palladio.
La Cina consuma metà del rame mondiale
Il gigante asiatico consuma il 50 per cento del rame mondiale, arrivando a importare più del 70 per cento dei concentrati. Da qui la forte correlazione tra l’andamento del rame e la situazione in Cina: se il Paese di Xi Jinping si ferma, a risentirne sono soprattutto i mercati delle materie prime tanto care a Pechino.
L’epidemia improvvisa causata dal virus cinese, scoppiata a Wuhan (la città più importante della provincia di Hebei), ha disatteso le previsioni dell’Australia & New Zealand Booking Group, che a dicembre aveva rilanciato l’ipotesi di una crescita fino al 4 per cento della domanda cinese per il rame.
Le altre materie prime collegate alla Cina
Negli ultimi giorni, sul mercato dei futures il prezzo della soia è crollato di circa il 10 per cento. La Cina rappresenta il primo consumatore al mondo di soia, con quest’ultima al centro anche dell’accordo con gli USA sui dazi: il gigante asiatico si era impegnato ad acquistare più soia dagli Stati Uniti di Donald Trump. Un problema anche per l’Italia, che è il primo produttore nell’Unione europea.
Negli ultimi tempi, la Cina è stata in prima fila per la lotta contro l’inquinamento, da qui la domanda crescente di palladio.
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