Se Sergio Mattarella ha dovuto chiamare “Super Mario” Draghi per porre fine alla crisi politica che stava paralizzando l’Italia da mesi, evidentemente lo ha fatto per via del compito assai arduo che il nuovo premier è chiamato ad espletare. E il debutto è stato in linea con il momento difficile. Stop del ministro della Salute, Roberto Speranza, agli impianti sciistici fino almeno al 5 marzo prossimo. Praticamente, un pezzo di economia della montagna italiana quest’anno faranno ponte. Gli operatori sono su tutte le furie, essendo stati avvisati dello stop a poche ore dall’avvio della stagione, prevista per ieri.
Ma è probabile che non siano solo gli scii che dovremo appendere al chiodo nelle prossime settimane. Il consulente del governo per la pandemia, Walter Ricciardi, si è detto preoccupato per il diffondersi delle varianti del Covid in Italia e ha chiesto un nuovo “lockdown” totale di almeno un mese. Francia e Germania stanno andando verso nuove restrizioni e per quanto molte categorie produttive abbiano salutato la fine del governo Conte come un sollievo, probabile che resteranno scioccate per il prossimo futuro nel verificare che le prospettive a breve per loro non siano cambiate.
Mentre l’Italia è tornata quasi tutta zona gialla con qualche spruzzo di arancione, le nuove chiusure restano uno spettro assai concreto. Uno “stop and go”, che come vi scriviamo da mesi sembra destinato a protrarsi fino alla piena primavera, quando il diffondersi del virus dovrebbe frenare con il rialzo delle temperature. Draghi sarà stato pure “super” alla BCE, ma a Roma c’è in onda tutto un altro film. Senz’altro, il suo sarà un approccio diverso con il mondo delle partite IVA, così come punterà a velocizzare l’iter dei ristori da un lato e a contenere questi ultimi allo stretto necessario dall’altro, optando più per una linea di sostegno alla ripresa della produzione.
Il non facile rapporto con la Germania
Nuovi “lockdown” implicherebbero il rischio di un aborto della luna di miele tra Draghi e ceti produttivi. Non è questione da poco. Giuseppe Conte è uscito da Palazzo Chigi non per una congiura, bensì per la sua incapacità quasi ideologica nel comprendere le ragioni delle categorie colpite dalle chiusure. I ristori sono stati nell’ultimo anno parzialissimi e, soprattutto, molto tardivi. Almeno su entità e tempi il premier dovrà segnalare una svolta immediata, altrimenti il possibile nuovo “lockdown” diverrebbe del tutto inaccettabile agli occhi dei danneggiati.
E il debutto di Draghi non sarà neppure così facile come pensiamo in Europa. La cancelliera Angela Merkel ha salutato con entusiasmo la sua nomina a premier. Inutile ribadire di quale ottima reputazione goda presso tutte le cancellerie straniere e a Bruxelles. Ma Draghi in Germania è tutt’altro che popolare. Nei suoi otto anni da governatore BCE, la stampa tedesca, specie quella conservatrice, lo ha attaccato duramente per le sua politica monetaria eccessivamente espansiva e ritenuta causa dell’impoverimento dei risparmiatori con l’azzeramento dei tassi d’interesse.
La Bild arrivò a definirlo il “massacratore dei risparmiatori tedeschi”. L’allora ministro delle Finanze e attuale presidente del Bundestag, Wolfgang Schaeuble, una volta dichiarò che almeno il 50% del successo dell’AfD, il partito della destra euro-scettica, fosse dovuto a Draghi e alle sue politiche. In generale, la Germania nutre verso l’ex governatore BCE un sentimento ambivalente: di riconoscenza tra l’establishment politico-finanziario per avere salvato l’euro da una fine quasi certa nel 2012; di ostilità tra la popolazione per avere annientato la remuneratività dei risparmi e salvato i conti pubblici del Sud Europa con i sacrifici dei cittadini del nord. E per quanto Berlino faccia l’amicona con Draghi, tra pochi mesi in Germania si vota.
Non è un clima ideale per indisporre i tedeschi, anche perché i conservatori sono ancora alla ricerca di un successore di Mutti. Nessun partito può permettersi di mostrarsi troppo accondiscendente verso l’Italia draghiana a ridosso delle elezioni federali. I cittadini tedeschi temono che il nostro premier completi l’opera avviata alla BCE, cercando una strada per monetizzare l’immenso debito pubblico italiano. Se è vero che il Patto di stabilità non sarà ripristinato almeno fino alla fine dell’anno prossimo, è altrettanto indubbio che Draghi dovrà mostrarsi quanto più affidabile possibile per non suscitare in Germania ulteriore sentimenti di rigetto verso quell’euro percepito qui sempre più come una Schuldenunion o “unione di debiti”. Paradossale che possa apparire, proprio la figura del neo-premier rischia di accentuare la repulsione tedesca, in quanto la sua immagine rievoca subito l’azzeramento dei tassi. Fatta eccezione per la Merkel, non aspettiamoci scene di giubilo, anche perché le stesse categorie produttive tedesche subiranno l’ennesimo stress in pochi mesi con le nuove chiusure in corso. La solidarietà verso l’Italia sarà l’ultimo dei pensieri che passi loro per la mente.
Draghi scarica sulla Germania la sua frustrazione, ma i “falchi” nella BCE rialzano la testa