Il centro-destra ha messo per iscritto tra le pieghe del suo programma di governo la proposta di riforma della Costituzione a favore dell’adozione del presidenzialismo. Non vogliamo occuparci delle polemiche che ruotano attorno al dibattito politico. Legittime tutte le opinioni sul tema, in sé delicato. Il nuovo sistema comporterebbe una radicale trasformazione dei poteri istituzionali in Italia. Naturale che vi siano visioni diverse. Un sistema presidenziale prevede l’elezione diretta del capo dello stato. Esso disporrebbe di maggiori poteri di quelli attualmente assegnati all’inquilino del Quirinale.
L’Italia ha un grave problema storico di instabilità politica che risale niente di meno che alla sua fondazione come stato unitario. Già dopo il 1961 la vita dei governi si mostrava relativamente corta. Fa pensare che l’unico periodo di stabilità sia stato sotto il fascismo, cioè in dittatura. Solamente negli ultimi trenta anni, abbiamo avuto dodici presidenti del Consiglio, a capo di ben diciassette governi diversi. In pratica, non esiste alcuna continuità programmatica in Italia. In media, un governo dura 18-24 mesi, il tempo di ambientarsi e viene giù, abbattuto dalle mille piccinerie politiche perlopiù frutto di personalismi.
L’instabilità perenne dell’Italia
L’estrema instabilità è pessima per la valutazione del sistema Italia fuori dai confini nazionali. Gli investitori stranieri spesso non vengono nel nostro Paese non solo e non sempre a causa delle condizioni macro, fiscali e burocratiche offerte, quanto per la mancata fiducia verso le istituzioni. Tu non porti il tuo denaro in un paese, dove l’agenda politica rischia di essere sovvertita anche il giorno dopo con annesso mutamento delle condizioni “ambientali” e relazionali.
Lo stesso discorso vale per il debito pubblico. I nostri titoli di stato sono valutati peggio di quanto non siano. E ciò è in gran parte dovuto all’identità incerta del suo emittente. I mercati sono tipicamente ostili all’incertezza e all’instabilità, caratteristiche pregnanti del sistema Italia. Hanno paura che da un momento all’altro arrivi un nuovo governo, che oltre a disfare il lavoro del precedente, minacci la sostenibilità dei conti pubblici. E’ accertato che l’instabilità porti a una minore prudenza fiscale. Come farebbe mai un governo a programmare a lungo termine, se sa che dopo poco andrà a casa? E anche se lo facesse, che ne sarebbe del suo programma sotto i governi che lo seguiranno?
Presidenzialismo vero scudo anti-spread
A ben vedere, in tutti questi anni è stata proprio la stabilità la forza politica e persino finanziaria della Francia. Il debito pubblico francese è esploso dopo la crisi del 2008-’09. Parigi è stata più cicala di Roma successivamente, non ha potuto neppure confidare sulle esportazioni per crescere e, a differenza dell’Italia, ha avuto partite correnti negative. Eppure il suo debito sui mercati continua ad essere valutato molto positivamente, quasi alla stregua di quello tedesco. Com’è possibile? Non sarà forse che a rassicurare chi investe sia proprio la figura stabile del capo dello stato? Anche in Francia i governi vanno e vengono velocemente, ma lì il potere politico è concentrato dentro le mura dell’Eliseo.
Il presidenzialismo in Italia ci avvicinerebbe alla Francia. Darebbe più certezze agli investitori, anche perché una figura destinata a rimanere in carica per almeno cinque anni godrebbe di maggiore credibilità anche presso le cancellerie straniere. E l’Italia si conquisterebbe un maggiore potere d’incisione sulle scelte europee, cosa che non è mai avvenuta nei decenni passati.