“Ci sono quelli tra noi che sono sempre in procinto di vivere. Noi aspettiamo che le cose cambino, che ci sia più tempo, di essere meno stanchi, di avere una promozione, di sistemarci – di…, di…, di… Sembra sempre come se ci sia sempre un evento principale che deve accadere nella nostra vita prima di iniziare a vivere“, affermava George Sheehan. Ognuno di noi ha un modo diverso di approcciarsi alla vita. C’è chi accoglie con entusiasmo qualsiasi tipo di avventura e chi invece preferisce aspettare.
Questo perché tutto dipende dalla situazione con cui si ritrova a dover fare i conti. Lo sanno bene molti lavoratori che a seconda dell’anno di uscita dal mondo del lavoro devono rispettare determinati requisiti per andare in pensione. Ma non solo, anche l’importo del trattamento può risultare differente a seconda dell’anno in cui si va in pensione. Ma come è possibile? Ecco come funziona.
Cos’è il coefficiente di trasformazione: i chiarimenti dell’Inps
Andare in pensione nel 2023 o nel 2024 è più conveniente rispetto al biennio passato. Ma per quale motivo? Ebbene, per effetto dell’adeguamento da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale del coefficiente di trasformazione al calo dell’aspettativa di vita. Entrando nei dettagli, come si legge sul sito dell’Inps, i coefficienti di trasformazione sono:
“valori che concorrono al calcolo della pensione con metodo contributivo. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione annua. I coefficienti di trasformazione variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, a partire dall’età di 57 anni fino ai 70 anni. Maggiore è l’età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione”.
Perché la pensione quest’anno (o il prossimo) conviene di più che gli scorsi due anni
Gli ultimi anni saranno ricordati come quelli del Covid.
Entrando nei dettagli, chi lascerà il mondo del lavoro nel 2023 si vedrà erogare un trattamento pensionistico più alto tra il 2 e il 3% a seconda dell’età di pensionamento. Ad esempio chi va in pensione all’età di 62 anni potrà beneficiare di un trattamento più alto del 2,35% rispetto a chi ha lasciato il lavoro nel 2022. Tali aumenti, è bene sottolineare, riguardano solamente le pensioni determinate con il sistema contributivo.
Più alta è l’età in cui si decide di uscire dal mondo del lavoro, maggiore è la percentuale applicata. Ma come si determina l’importo dell’assegno previdenziale? A tal fine bisogna moltiplicare il montante contributivo complessivo per il coefficiente di trasformazione corrispondente alla propria età. Dividendo il risultato ottenuto per tredici mensilità si ottiene l’importo mensile dell’assegno pensionistico.