Sapete perché Donald Trump fa così tanta paura ai governi europei? Lasciate perdere le baggianate filosofiche sul concetto di democrazia, sul presunto rischio di autoritarismo, ecc. Questi discorsi sono la foglia di fico per celare il vero timore di Bruxelles: essere costretta a guardare in faccia la realtà. Di cosa stiamo parlando? Il tycoon lo dice apertamente da anni: se l’Unione Europea non aumenta la spesa militare al 2% del PIL, obiettivo fissato per tutti i membri della Nato, dovrà arrangiarsi nel caso in cui dovesse accusare un qualche rischio per la sua sicurezza territoriale.
Se noi europei fossimo scaltri, approfitteremmo di questa svolta nell’opinione pubblica americana – sì, The Donald la rappresenta per una grossa parte – per avviare un’azione complessiva di allentamento dalla dipendenza da Washington. Non nel senso che dobbiamo recidere le relazioni geopolitiche ed economico-finanziarie con gli Stati Uniti. Tutt’altro. Dovremmo intensificarle, anzi, ma su un piano di maggiore equilibrio tra le parti.
Bassa crescita economica figlia dell’irrilevanza geopolitica
Ma può esservi mai equilibrio quando i numeri ci dicono che senza zio Sam non saremmo in grado neppure di difenderci dalle zanzare? Nel 2022, l’Unione Europea ha destinato alla spesa militare circa 240 miliardi di euro, l’1,6% del PIL. L’anno scorso, gli Stati Uniti hanno impiegato per lo stesso capitolo di bilancio 800 miliardi di dollari, il 3,1% del loro PIL. In pratica, i nostri alleati americani spendono il doppio di noi rispetto alla loro ricchezza annuale prodotta. In valore assoluto, agli attuali tassi di cambio, spendono il triplo per la difesa. E rapportato al numero degli abitanti, il loro budget quadruplica: 2.400 dollari pro-capite contro i nostri 535 euro.
Negli anni Ottanta, le distanze tra Stati Uniti e quella che attualmente definiamo Eurozona erano quasi nulle sul piano dei redditi.
Stati Uniti in vantaggio sull’Unione Europea
Proprio gli eventi in corso ce lo dimostrano in maniera lampante. Da giorni Stati Uniti e Regno Unito attaccano i ribelli Houthi nello Yemen, al fine di consentire alle navi mercantili di transitare per il Mar Rosso. Queste azioni belliche appaiono indispensabili per impedire il blocco dei commerci marittimi. E l’Europa? Discute ancora se sia il caso di mandare alcune navi per partecipare alla reazione anglo-americana. E dire che il blocco del Mar Rosso colpirebbe proprio noi europei più di tutti, impedendoci sia di esportare che di importare merci dall’Asia.
Secondo voi, un’economia che per risolvere i suoi guai è costretta a subappaltare le soluzioni dure agli alleati può mai considerarsi del tutto autonoma dagli interessi legittimi di questi ultimi? In altre parole, pensate che saremmo in grado di far prevalere il nostro interesse in Medio Oriente, quando sono gli Stati Uniti che investono sulla loro e nostra sicurezza e mandano i loro uomini finanche a combattere e rischiare la vita? Ecco dimostrata la nostra marginalità geopolitica riguardo tutti i processi decisionali globali.
Che si tratti di Cina, Medio Oriente o Africa, l’Unione Europea non ha voce in capitolo, sebbene gli eventi in queste aree colpiscano perlopiù direttamente noi e non gli americani.
Spesa militare non è nemica dello stato sociale
La nostra bassa crescita economica è figlia dell’altrettanto bassa spesa militare. Non esiste un’economia ricca senza un esercito capace di difenderla dalle insidie straniere. L’occupazione russa dell’Ucraina ha parzialmente aperto gli occhi ai governi del Vecchio Continente, con la Germania a pianificare un riarmo da 100 miliardi di euro. Ma le opinioni pubbliche non hanno ben compreso cosa vi sia in gioco. Pensano erroneamente che la maggiore spesa militare preluda a tagli allo stato sociale. E’ vero l’inverso: essa porterebbe benefici geopolitici di lungo termine, a vantaggio della crescita e, quindi, dei servizi pubblici.