Perché la candidatura di Conte a Siena crea polemiche e non è ideale per l’alleanza PD-5 Stelle

I democratici toscani polemizzano contro i vertici nazionali dopo l'indiscrezione su una possibile candidatura del premier uscente nel collegio senese.
4 anni fa
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A Siena di Conte ne hanno visto passare già uno. Ma si trattava di Antonio, futuro allenatore della Juventus, ct della Nazionale di calcio e oggi sulla panchina dell’Inter. Adesso, la cittadina toscana potrebbe dover a che fare con Giuseppe, il premier uscente in cerca di immediata legittimazione popolare per entrare in Parlamento e non rischiare di finire accantonato come un relitto inutile della politica italiana. In quel collegio, infatti, dovranno tenersi le elezioni suppletive per rimpiazzare Pier Carlo Padoan, il quale di recente ha dovuto dimettersi da deputato del PD, a seguito della nomina a presidente di Unicredit.

La nomina di Padoan a presidente di Unicredit è un problema per MPS e politica

Quale migliore occasione per Conte di arrivare alla Camera e poter seguire in prima persona il dibattito politico e parlamentare nei prossimi mesi? Soprattutto, la sfida sarebbe teoricamente molto più semplice di quella per sindaco di Roma, una carica che potrebbe bruciarlo, dato che chiunque negli ultimi anni l’abbia ricoperta è finito nel dimenticatoio della politica e sotto i riflettori della giustizia. All’idea che Conte si candidi a Siena, però, i vertici locali del PD non l’hanno presa bene. Il sindaco della città, Luigi Da Mossi, ha chiesto la candidatura di una persona legata al territorio, così come la responsabile regionale Simona Bonafè ha fatto presente al Nazareno che non può calare le sue scelte dall’alto sui territori. E il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha dichiarato di vedere il premier uscente meglio come candidato a sindaco di Roma e ha ricordato come la Toscana sia la regione in cui il PD detiene i maggiori consensi in Italia.

Le incognite su Conte candidato a Siena

Insomma, i toscani vogliono (legittimamente) un toscano per il collegio di Siena, meno che mai Conte. La candidatura rischia di diventare divisiva nel centro-sinistra.

Nel 2018, la coalizione prevalse sul centro-destra per meno di 4 punti percentuali, a fronte di un Movimento 5 Stelle, però, sopra il 22%. Oggi come oggi, non dovrebbe avere problemi a vincere con un’alleanza PD-M5S, a meno che Italia Viva non rompa le righe e candidi un proprio uomo. E proprio Maria Elena Boschi, fedelissima di Matteo Renzi, ha dichiarato che l’interesse di 60 milioni di italiani viene prima del destino del premier. Per l’ex ministro delle Riforme, il tema non è all’ordine del giorno. Sia Renzi che Boschi qui sono di casa e vantano consensi non marginali, chissà se non determinanti per il centro-sinistra.

E Siena non è una città qualunque. Tre anni fa, qui si contrapposero non a caso Padoan per il PD e Claudio Borghi Aquilini per il centro-destra. Il confronto tra i due fu durissimo e verté sulla responsabilità della crisi di MPS e sui salvataggi delle banche. Qui, ha sede la storica Monte Paschi di Siena, nazionalizzata dallo stato nel 2017 e salvata con quasi 7 miliardi di soldi pubblici. Per i “grillini”, l’emblema della commistione tra affarismo e PD, pagata dai contribuenti. Non c’è il rischio che candidare Conte in una città-simbolo dello scontro tra PD e 5 Stelle del passato si riveli un boomerang per quella che Nicola Zingaretti vorrebbe fosse una nascente alleanza strutturale tra i due partiti? I pentastellati dovrebbero ingoiare un altro rospo amaro sul piano dell’immagine, così come del programma, dato che il candidato di centro-sinistra nel collegio senese non potrà che rappresentare gli interessi economici e politici locali, contrari a quelli ancora oggi tanto declamati dall’M5S.

E il fattore Renzi non va sottovalutato. L’ex premier fiorentino sosterrà in casa propria un candidato che ha appena fatto sloggiare da Palazzo Chigi e che in futuro potrebbe insidiarne definitivamente la leadership nel centro-sinistra? Se gli schierasse qualche pezzo da novanta per sconfiggerlo e decretarne la morte politica? E se si arrivasse a una convergenza pseudo-civica con il centro-destra, dopo che Matteo Salvini si è convertito all’europeismo per entrare nel governo Draghi? E, infine, i potentati locali accetterebbero mai un Conte come loro riferimento sul territorio, sapendo da quale mondo provenga e quali potenziali contraddizioni si porterebbe dietro nella difesa del “sistema MPS”?

Il destino di azionisti e dipendenti MPS nelle mani della politica

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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