La guerra in Ucraina, voluta dai russi ma provocata dagli americani, avrà pesanti ripercussioni anche sulla riforma pensioni in Italia. Il governo lo sa bene.
I lavoratori forse non hanno ancora ben capito che il premier Draghi punta a ripristinare a pieno titolo le regole Fornero. Cioè, in pensione a 67 anni per tutti, salvo poche eccezioni. E ogni scusa sarà buona per giustificare questo obiettivo.
Dallo spread alla guerra, il conto lo paga chi lavora
Come nel lontano 2011 l’attacco alle finanze pubbliche (spread) sfociò nella dolorosa riforma pensioni Monti-Fornero, oggi la guerra in Ucraina servirà da scusa per ripristinare il rispetto di quelle regole.
E già qualcosa si è intravisto con la fine di quota 100 a fine 2021. Con i sindacati impotenti, costretti ad ingoiare la dolce pillola di quota 102 destinata a soddisfare solo poche migliaia di lavoratori.
Ma il peggio, forse, deve ancora arrivare e il tempo lavora a favore dell’esecutivo che sta cucinando a fuoco lento la riforma pensioni 2023. La crisi ucraina sottrarrà le necessarie risorse economiche per portare avanti il programma tanto abito dai sindacati per mandare tutti in pensione a 62 anni di età o con 41 anni di contributi.
Poche speranze per una giusta la riforma pensioni
Mancheranno i soldi per farlo e altri scostamenti di bilancio non sono permessi, come ha ribaditi Draghi più volte. Salvo che per le spese militari, imposte dagli USA e più importanti delle pensioni. E per le forniture di gas liquefatto che arriveranno sempre dagli USA al triplo del costi che dalla Russia.
Ciò che sarà inserito nel Documento di Economia e Finanza (Def) – dicono i più accorti – sarà solo un programma fumoso e ancora tutto da scrivere in occasione della discussione della legge di bilancio 2023.
Così il prezzo per staccarsi dalla forniture di gas dalla Russia lo pagherà, ancora una volta, la gente che lavora. Costretta ad attendere 67 anni di età prima di andare in pensione. Se va bene si uscirà a 64 anni, ma con una penalizzazione tale (ricalcolo interamente contributivo dei contributi) da far desistere chiunque abbia iniziato a lavorare presto.