Prima di lasciare la Casa Bianca, l’amministrazione Trump ha inserito la Svizzera nella lista dei paesi “manipolatori del cambio”. Secondo il Tesoro americano, il franco svizzero sarebbe tenuto sottovalutato contro il dollaro, finendo per distorcere le relazioni commerciali a sfavore degli USA. E, in effetti, la Banca Nazionale Svizzera tiene da anni i tassi negativi, pur non essendone “grande fan”, ha dichiarato nei giorni scorsi il governatore Thomas Jordan, il quale ha aggiunto che non si farà intimidire dalla posizione degli USA.
Franco svizzero valuta manipolata per l’America, la storia ci racconta il contrario
Il paradosso sta nel fatto che il franco svizzero risulterebbe la valuta più sopravvalutata al mondo contro il dollaro. Secondo il Big Mac Index, di ben il 28,80% a gennaio. Come si è arrivati a questa misurazione? Confrontando il costo del panino più famoso della catena americana McDonald’s, il Big Mac per l’appunto, tra Svizzera e USA: 6,50 franchi contro 5,66 dollari. Il rapporto sarebbe di 1,15, a fronte dello 0,89 attuale. Dunque, Zurigo avrebbe ragione: il franco deve essere “sgonfiato”, altro che rivalutato.
Per quanto il Big Mac Index si presta a svariate critiche, tra cui la differente domanda tra stato e stato del panino per via delle preferenze culinarie variabili a seconda della cultura e del popolo in questione, esso viene osservato come un modo rozzo, ma immediato, di segnalare quali valute siano tendenzialmente sopra- e sotto-valutate. E scopriamo che contro il dollaro sarebbe troppo forti le valute scandinave, oltre al franco svizzero, cioè la corona svedese (+12,6%) e quella norvegese (+7,5%), mentre lo stesso euro risulterebbe sottovalutato di circa il 9%. Il cambio euro-dollaro equo dovrebbe attestarsi, infatti, a circa 1,33 contro l’1,20 attuale. Dal momento della rilevazione, quindi, si sarebbe ulteriormente allontanato dal suo tasso di equilibrio.
Valute emergente sottovalutate, opportunità per chi investe
E quali sarebbero, invece, i cambi pesantemente sottovalutati. Un bel po’ di valute emergenti. Si va dalla lira libanese (-68,7%) al rublo russo (-68%), passando per lira turca (-64,5%) e rand sudafricano (61,9%), la grivnia ucraina (-61,1%) e il leu rumeno (-56,4%). Ma anche la rupia indonesiana (-57,5%), il ringgit della Malaysia (-56,4%), il peso messicano (-52,6%) e la lira egiziana (-52%) presentano tutte sottovalutazioni superiori al 50%.
Restando in Europa, troviamo il fiorino ungherese (-46,5%), lo zloty polacco (-37,9%), la kuna croata (-34,9%), la corona ceca (-27,2%), la sterlina inglese (-21,2%) e la corona danese (-13,4%). Attenzione: i valori sono relativi al dollaro, per cui dovremmo riconvertirli rispetto all’euro per capire se e in quale misura le varie valute risulterebbero sopra- e sotto-valutate nei nostri confronti. In generale, tutte le divise che qui presentano il segno meno di oltre il 10% inizierebbero a mostrarsi sottovalutate anche contro l’euro.
Ripetiamo, nulla di profetico, ma da questo quadro emergerebbe come alcune valute sarebbero state eccessivamente vendute negli ultimi tempi, specie il rublo, la lira turca e il rand. A gravare sulle rispettive economie sono stati anche alcuni fattori geopolitici, come le sanzioni dell’Occidente contro Mosca e le tensioni tra Ankara ed Europa e USA. Il Sudafrica paga perlopiù la sua scarsa crescita e l’assenza di riforme. Ad ogni modo, se i tassi di cambio nel prossimo futuro si muovessero verso i loro livelli di equilibrio contro il dollaro – e di riflesso, l’euro – avremmo che gli investimenti presso gran parte dei mercati emergenti esiterebbero grossi guadagni per l’apprezzamento valutario di cui beneficerebbero gli assets denominati nelle divise locali. Ma non bisogna commettere l’ingenuità di pensare che veramente da qui a qualche anno la lira turca contro il dollaro tornerebbe a scambiare in area 2,65, come dall’indice di cui sopra, quando oggi si aggira in prossimità di 7,40.
Speculare sulle valute emergenti attraverso tre emissioni della Banca Mondiale