Mercoledì pomeriggio, è uscito il dato sull’inflazione americana nel mese di luglio. Dal 9,1% di giugno all’8,5%. Le attese erano per un calo più contenuto, all’8,7%. E’ andata un po’ meglio del previsto e tanto è bastato ai mercati finanziari per reagire positivamente. La speranza è che la crescita dei prezzi al consumo abbia toccato l’apice e stia già frenando. Lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è sceso dalla soglia di 210 punti base o 2,10% a cui si trovava, dirigendosi ieri verso i 200 punti.
Lo spread è il differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi. Esso capta il maggiore rischio sovrano italiano percepito sui mercati. Quando sale, significa che i nostri bond sono considerati più rischiosi. Viceversa, quando scende. Nelle ultime settimane, i Credit Default Swaps a 5 anni sono scesi da oltre 167 a poco più di 141 punti base. Essi sono titoli che assicurano contro il rischio default. Il fatto che costino un po’ di meno significa che le tensioni a carico dei BTp si sono leggermente allentate, pur rimanendo relativamente elevate tra i mercati avanzati.
Perché scende lo spread
A cos’è dovuto questo “sgonfiamento” della tensione sull’Italia? In primis, alla BCE. Essa acquista bond italiani, spagnoli, greci e portoghesi e vende quelli tedeschi, francesi e olandesi. In questo modo, sta riducendo gli spread e invia al mercato un segnale rassicurante circa la tenuta dei debiti sovrani nel Sud Europa. Inoltre, la coalizione di centro-destra in Italia, data per vincente nei sondaggi alle elezioni del 25 settembre, si starebbe mostrando tramite il suo leader “in pectore” Giorgia Meloni più rassicurante delle attese, specie sulla gestione dei conti pubblici.
Ma tornando all’inflazione, c’è la sensazione che il peggio sia o passato o vicino ad arrivare.